Cessione d’azienda e tutela dei creditori

La tutela dei creditori nelle ipotesi di cessione d’azienda costituisce, oramai, un vero e proprio problema che merita sicuramente un approfondimento alla luce delle recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione.
In effetti l’orientamento che si è delineato non aiuta di certo tutti i creditori e tutti i professionisti che quotidianamente si trovano a dover cercare soluzioni per poter tutelare e recuperare i crediti dei propri assistiti.
La possibilità di poter vedere soddisfatte le proprie pretese sull’acquirente risultano sempre più residuali e difficoltose.
La Giurisprudenza, infatti, è intervenuta con fermezza per rimarcare quei caratteri che diventano fondamentali per individuare quando è possibile richiedere il pagamento del credito anche al cessionario.
Ma procediamo con ordine, cominciando innanzitutto dall’ art. 2560 c.c., il quale prevede espressamente che “l’ alienante non è liberato dai debiti, inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”.
Tale norma si sposa indubbiamente bene con l’interesse del creditore, il quale in pratica può continuare ad “aggredire” il patrimonio del cedente salvo il caso in cui non abbia espressamente consentito ad esonerare lo stesso da tale responsabilità.
Ma la fattispecie che qui più ci interessa è quella prevista dal comma 2 dell’art. 2560 c.c. che nell’estendere al cessionario la responsabilità per gli eventuali debiti antecedenti all’acquisto, pone un limite che a sua volta rischia di diventare un “cerino acceso in mano al creditore”, in quanto l’accollo di detti debiti è vincolato alla circostanze che gli stessi risultino dai libri contabili obbligatori.
La questione, dunque diventa assai complicata considerando le difficoltà che il creditore incontra nel dover dimostrare che il cessionario era a conoscenza dei debiti antecedenti all’acquisto.
Inoltre, le cose peggiorano di gran lunga nell’ipotesi, tutt’altro che rara, in cui il cedente è una società di persone, una ditta individuale o comunque una persona fisica che non è per legge obbligata alla tenuta dei libri contabili.
Ci si domanda, allora, in che modo sia possibile fornire la prova della conoscenza dei debiti anteriori alla cessione d’azienda.
Ebbene la Suprema Corte ha risolto, per il momento, il problema con diverse pronunce.
La più recente è la sentenza n. 5123 del 09/03/2006 nella quale viene chiaramente affermato che “l’inesistenza dei libri contabili, dovuta a qualsiasi ragione, compresa la loro non obbligatorietà per lo specifico tipo di impresa, rende inconfigurabile l’elemento costitutivo della responsabilità del cessionario per i debiti relativi all’azienda e conseguentemente preclude il sorgere della medesima responsabilità”.
Né si pensi di poter sostituire tale prova con altri mezzi che apparentemente hanno un peso analogo; infatti l’orientamento della Cassazione è chiaro al riguardo e non lascia adito a molte interpretazioni, laddove statuisce con la sentenza n. 8363 del 20/06/2000 che l’iscrizione nei libri contabili si configura come elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente in relazione ai debiti, senza che possa essere surrogata da altre forme di conoscenza della situazione debitoria dell’azienda eventualmente a disposizione dell’acquirente.
Quanto detto evidenzia, pertanto, come l’art. 2560 e la sua interpretazione giurisprudenziale preferiscano lasciare in capo a colui che cede l’azienda la responsabilità dei debiti contratti, limitando al massimo l’ipotesi di estensione anche al cessionario.
Tale orientamento, pone indubbiamente giuste garanzie per il soggetto giuridico che intenda acquistare l’impresa, ma limita fortemente, troppo a parere di chi scrive, il diritto del creditore, il quale oltre al rischio di una ingiusta perdita economica, si vede, altresì, preclusa la possibilità di utilizzare idonei mezzi di prova per far valere i propri diritti.

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