Contratto di comodato e diritto di abitazione casa familiare

I Giudici della Suprema Corte con la sentenza n. 4917/2011, hanno affrontato la delicata questione del conflitto tra la richiesta di cessazione del rapporto di comodato con conseguente condanna al rilascio dell’immobile e provvedimento giudiziale di assegnazione dello stesso quale casa famigliare.

Nella fattispecie in oggetto, X aveva concesso al figlio e alla nuora, in comodato ad uso gratuito, un immobile di sua proprietà perché venisse adibito a casa familiare.
Successivamente, tra il figlio e la nuora interveniva sentenza di separazione con la quale era attribuito a quest’ultima il diritto di assegnazione della casa familiare, in quanto affidataria del figlio nato dal matrimonio.
In seguito, X proponeva domanda giudiziale diretta ad ottenere la cessazione del rapporto di comodato dell’immobile, concesso al figlio ed alla nuora, e alla condanna della stessa al rilascio dell’immobile.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda proposta da X.
La nuora si rivolgeva, quindi, ai Giudici della Suprema Corte lamentando di essere stata erroneamente condannata al rilascio dell’immobile in quanto sussisteva un provvedimento giudiziale di assegnazione dello stesso quale casa coniugale.
Secondo il Giudici, però, “una volta chiarito cha la madre di uno dei coniugi ha concesso in comodato l’immobile perché venisse adibito a casa familiare, il successivo provvedimento, intervenuto nel giudizio di separazione, di autorizzazione a favore di un di essi ad abitare la casa stessa, emesso nei limiti normativi di cui all’art.155, 4 comma, c.c. non è opponibile al comodante allorché, come nella specie, lo stesso chieda la restituzione nell’ipotesi di sopravvenuto bisogno, segnato dai requisiti della urgenza e della non previsione, ai sensi dell’art.1809, comma 2, c.c.”.
Nel caso de quo, in virtù della documentazione offerta dai certificati medici depositati in giudizio e della lettera, agli atti, con la quale uno dei figli comunicava alla madre la propria intenzione di non volerla più ospitare per esigenze personali, i Giudici hanno ritenuto sussistere quel bisogno sopravvenuto caratterizzato dall’urgenza e dalla non previsione, ovvero integrante la fattispecie di applicabilità della norma di cui all’art.1809, comma 2, c.c. e, pertanto, hanno ritenuto non opponibile il provvedimento giudiziale di assegnazione dell’immobile quale casa familiare con conseguente condanna della nuora al rilascio.
Questa pronuncia riprende l’orientamento più risalente della giurisprudenza, per cui la disciplina dell’immobile dato in comodato è prevalente rispetto all’assegnazione della casa coniugale.
Ed infatti:
Nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.” (SS.UU. Cass.Civile sentenza n. 13603 del 2004).

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