Danno esistenziale per morte del convivente

Il Tribunale di Arezzo nel febbraio del 2005 (vd. testo della sentenza)  ha emesso una sentenza esemplificativa per l’applicazione fatta dalla giurisprudenza del danno esistenziale. Oramai da tempo la Corte di Cassazione è giunta a riconoscere l’autonomia del danno esistenziale rispetto al danno biologico e morale.
Secondo la Corte di Cassazione (sentenza del 31 maggio 2003 n. 8828) il danno esistenziale non costituisce né una sottospecie del danno biologico, né una configurazione particolare del danno morale, si tratta di una ipotesi autonoma di danno, che deve essere autonomamente richiesta e provata. Esso consiste in un “pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto, inducendo a scelte di vita diversa quanto all’’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno”.
Nella sentenza 123/2005, la corte del Tribunale di Arezzo giunge ad equiparare il diritto del coniuge a chiedere il risarcimento del “danno esistenziale” a quello del convivente. Secondo il Tribunale, l’interesse “all’intangibilità della sfera degli affetti e alla reciproca solidarietà” riconosciuto nell’ambito familiare non deve essere limitato a quest’ultimo, ma deve trovare esplicazione anche nelle così dette “unioni di fatto”. Il Tribunale amplia così il novero dei soggetti legittimati a richiedere il risarcimento per il danno sofferto dalla morte di una persona cara, includendo tra i legittimati anche il convivente. Sostiene il Tribunale “il diritto al risarcimento da fatto illecito concretatosi in un evento mortale va riconosciuto anche al convivente more uxorio del defunto stesso, quando risulti concretamente dimostrata che siffatta relazione è caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza”. La sentenza stessa fornisce indicazioni per la valutazione del danno esistenziale da riconoscere al coniuge/convivente: “il periodo di tempo nel quale si sarebbe presumibilmente esplicato il godimento del congiunto che l’illecito ha invece reso impossibile”, “l’intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e ogni ulteriore utile circostanza”. La sentenza 123/2005 è un importante esempio di equiparazione dei diritti spettanti al coniuge e quelli spettanti al convivente. I giudici sostengono che in una relazione caratterizzata da stabilità e mutua esistenza il dolore per la morte della persona cara, colpisce e danneggia tanto il coniuge quanto il convivente more uxorio; se si riconosce che il primo abbia diritto ad un risarcimento in quanto viene leso il suo diritto all’integrità della sfera degli affetti, analogo risarcimento deve essere dato al convivente, in quanto, se la relazione è caratterizzata da stabilità e mutua assistenza, spetta anche a quest’ultimo il diritto a che non sia lesa o menomata la sfera privata degli affetti.

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