Estensione del Patrocinio a spese dello Stato in favore della persona offesa

Come abbiamo già avuto modo di analizzare il D.L. n. 93/2013 (convertito in L. n. 119/2013) ha inasprito e ha reso più incisivi gli strumenti per la repressione penale della violenza di genere ed ha previsto, tra l’altro, l’estensione del Patrocinio a spese dello Stato in favore delle vittime di tali violenze.
Infatti, l’art. 2, comma 3, del suddetto D.L., stabilisce che al comma 4 ter dell’art. 76 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al D.P.R. n. 115/2002, dopo le parole “la persona offesa dai reati di cui agli articoli” sono inserite le seguenti “572, 583 bis, 609 octies e 612 bis”.
La novella estende, pertanto, l’ammissione al Patrocinio a spese dello Stato (prima previsto per i soli reati di violenza sessuale, pedofilia, pedopornografia e tratta di esseri umani) alle vittime del reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), di atti persecutori o stalking (art. 612 bis c.p.) e di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583 bis c.p.), in deroga ai limiti di reddito, in ossequio alla Convenzione del Consiglio d’Europa (Istanbul 11/5/2011) che impegna gli Stati firmatari (pertanto, anche l’Italia) a proteggere le vittime della violenza (in particolare quella nei confronti delle donne e in ambito domestico) e a garantire loro una assistenza legale gratuita.

Permesso di soggiorno specifico per le vittime di violenza domestica

Sempre in conformità alle indicazioni della Convenzione di Istanbul, l’art. 4 del D.L. n. 93/13 introduce un nuovo e specifico documento di soggiorno, denominato “permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica” (art. 18 bis D. L.vo 286/98) che prevede: “quando nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 582, 583, 583 bis, 605, 609 bis e 612 bis del codice penale o per uno dei delitti previsti dall’art. 380 del codice di procedura penale, commessi sul territorio nazionale in ambito di violenza domestica, siano accertate situazioni di violenza o abuso nei confronti di uno straniero ed emerga un concreto ed attuale pericolo per la sua incolumità, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla medesima violenza o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, con il parere favorevole dell’autorità giudiziaria procedente ovvero su proposta di quest’ultima, rilascia un permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, comma 6, per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza…”.
E’ bene precisare che, ai fini del presente articolo, si intendono per “violenza domestica” uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno di una famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendente dal fatto che l’autore della violenza condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
Si tratta, dunque, di un permesso di soggiorno, definito dal Legislatore “…permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 5, comma 6, T.U.I. (motivi umanitari)…”, volto a tutelare le vittime di violenza e abuso e per consentir loro di sottrarsi alla violenza, molto simile al titolo di soggiorno già esistente nel Testo unico all’art. 18 (per motivi di protezione sociale).
Nel contempo, ai sensi dell’art. 18 bis, comma 4 bis, D.L.vo 286/98, nei confronti dello straniero condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per uno dei delitti commessi in ambito di violenza domestica, possono essere disposte la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione dal territorio nazionale.
Pertanto, non si tratta di provvedimenti “automatici”, in quanto l’Autorità Amministrativa dovrà valutare, caso per caso, l’esistenza dei presupposti di Legge per la revoca e l’espulsione, oltre all’esistenza del reato specifico ed emettere un provvedimento motivato che giustifichi tale scelta.

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