Licenziamento per giustificato motivo

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: criteri di scelta.

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Presupposti  del licenziamento per giustificato motivo oggettivo sono “le ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” (art. 3 Legge n.604/1996).Il Giudice, quindi, chiamato a decidere se il licenziamento possa ritenersi legittimo, dovrà verificare se la decisione del datore di lavoro sia dovuta a tali motivi e se il licenziamento del lavoratore sia conseguenza di tali scelte.

In linea generale, il lavoratore potrà impugnare il licenziamento quando il datore di lavoro decida di sopprimere proprio la sua posizione rispetto ad altre e non abbia effettuato la necessaria comparazione con gli altri lavoratori che ricoprono la stessa posizione.

Incombe, infatti, sul datore di lavoro l’onere di provare il rispetto del principio di buona fede e correttezza ex art. 1175 e 1375 c.c. nella scelta del lavoratore da licenziare.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 25192/2016 affronta proprio il tema dell’individuazione dei criteri della selezione del lavoratore da licenziare. 

Secondo costante giurisprudenza (Cass. Civile n. 7046/2011), quando il motivo del licenziamento si basa sull’esigenza di riduzione di personale che occupa posizioni interscambiabili in quanto occupate da lavoratori con professionalità sostanzialmente uguali, non sono utilizzabili né il normale criterio della posizione lavorativa da sopprimere in quanto non più necessaria né il criterio dell’impossibilità di repechage, in quanto tutte le posizioni lavorative sono equivalenti e tutti i lavoratori sono potenzialmente licenziabili.

In questa situazione, pertanto, si è posto il problema di individuare in concreto i criteri obbiettivi che consentano di ritenere la scelta del datore di lavoro conforme ai dettami di correttezza e buona fede.

Licenziamento per giustificato motivo: criteri obbiettivi

La Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, ha affermato che certamente i criteri indicati dalla Legge (art. 5 L. n.223/1991) offrono uno standard idoneo ad assicurare che la scelta siano conformi al principio di buona fede e correttezza che devono sempre sussistere nella scelta del lavoratore da licenziare. Tuttavia non può escludersi l’utilizzabilità di altri criteri, purché improntati a razionalità e graduazione delle posizioni dei lavoratori interessati dal provvedimento espulsivo. Ha ritenuto, quindi, legittima la scelta operata dal datore di lavoro di licenziare il lavoratore sulla base dei seguenti criteri: il fatto che il lavoratore era quello che, a parità di mansioni, comportava maggiori costi per l’azienda, era risultato il meno performante ed era titolare di altri redditi.

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