Mantenimento figli: spese ordinarie e straordinarie

L’art. 30 della Costituzione afferma che “è dovere e diritto dei genitori mantenere ed educare i figli”; tale disposizione viene, poi, ripresa all’art. 337ter del codice civile secondo cui “ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il Giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; i tempi di permanenza presso ciascun genitore; le risorse economiche di entrambi i genitori; la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”.

Il Giudice, quindi, può disporre la corresponsione di un assegno periodico a titolo di contribuzione al mantenimento della prole, oltre al pagamento di una percentuale delle spese straordinarie.

Stante l’assenza di qualsiasi specifica definizione normativa destinata ad elencare e distinguere le “spese straordinarie” dalle “spese ordinarie” si è posto il problema di individuare quali voci vadano ricomprese in queste categorie.

Profili peculiari, individuati dalla giurisprudenza, delle spese straordinarie sono l’occasionalità, l’imprevedibilità, l’eccezionalità e la necessità.

Secondo il protocollo redatto dal Tribunale di Varese sono “straordinarie” tutte quelle spese che “non afferiscono alla soddisfazione delle esigenze di vita quotidiana di una persona normale (ovviamente, tali esigenze mutano e si accrescono nel corso del tempo, in ragione del sempre maggiore benessere e in relazione all’età dei figli, secondo l’id quod plerumque accidit). In conseguenza, le spese di mantenimento straordinarie sono caratterizzate dai seguenti elementi: periodicità più che occasionalità e sporadicità (requisito temporale), gravosità (requisito quantitativo) e necessità o utilità (requisito funzionale). Pertanto, vi rientrano, non solo le spese da sostenere una tantum, ma anche quelle che attengono ad un lasso più o meno lungo ma determinato di tempo (spese periodiche); quelle che hanno una certa consistenza sul piano pecuniario (spese gravose); quelle che mirano a realizzare interessi primari o comunque rilevanti della persona (spese necessarie o utili), fatta esclusione, quindi, di quelle meramente voluttuarie. Sono, quindi, spese straordinarie quelle che, non riguardando la soddisfazione di esigenze di vita quotidiana della persona normale (dell’homo ejusdem condicionis et professionis), quali lavarsi, mangiare, vestirsi – aspetto negativo -, siano periodiche e non fisse, gravose e non vili, necessarie o utili e non meramente futili o voluttuarie – aspetti positivi -, nonché le spese a esse immediatamente propedeutiche o consequenziali (spese strumentali)”.

A titolo esemplificativo, le voci di spesa da intendersi come straordinarie possono essere raggruppate in tre gruppi: 1) spese relative alla salute (acquisto di particolari farmaci; visite specialistiche; interventi chirurgici; particolari terapie; 2) spese relative all’istruzione (rette, tasse scolastiche, tasse universitarie, libri, corsi di specializzazione, scuolabus o altro mezzo di trasporto, gite scolastiche e viaggi di istruzione, ripetizioni); 3) spese relative alla cultura e allo sport (spese per attività sportive, artistiche, ricreative e di svago).

In linea di massima, quindi, si può affermare che le spese straordinarie devono essere rimborsate dal genitore non collocatario nella misura in cui è stato stabilito dal Giudice nel provvedimento giudiziario che disciplina l’affidamento dei figli minori; alle spese ordinarie, invece, il genitore non collocatorio provvede attraverso il pagamento dell’assegno periodico disposto a suo carico.

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