Responsabilità della P.A. ex art. 2051 c.c.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20415 del 21 Maggio u.s. ha affrontato, ancora una volta, la questione della responsabilità della P.A. ex art. 2051 c.c.
Ed infatti, X conveniva in giudizio il Comune Y per sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni subiti a causa dell’amputazione di un dito della mano sinistra deducendo che, nell’aiutare il figlio a scendere dalla scivolo della villa comunale, a causa della mancanza di una vite di fissaggio, le era rimasto impigliato il quarto dito della mano sinistra nella lamiera che, a causa delle grave lesioni, le veniva, in seguito, amputato.
Il Tribunale accoglieva la domanda di X e condannava il Comune al risarcimento; in seguito, la Corte d’Appello accoglieva il grave del Comune, escludendone perciò la responsabilità per mancanza del nesso eziologico diretto tra lo scivolo ed il danno.
Infatti, secondo i Giudici d’Appello, X “non aveva provato il nesso causale tra l’accaduto e lo scivolo come conseguenza normale della Sua particolare condizione, potenzialmente dannosa, essendovi al contrario la prova di un uso anomalo dello stesso, poiché X era salita in senso inverso e tale fatto – c.d. fortuito attribuibile al terzo danneggiato – era idoneo da solo a cagionare l’evento”.
Pertanto, i Giudici, pur riconoscendo che l’incidente fu determinato dalla condizione dello scivolo, hanno ritenuto fattore esterno da solo sufficiente a determinare l’evento la discesa della X in senso inverso.
Si rileva che, ai sensi dell’art. 2051 c.c. “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo e perchè possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato. Tuttavia, questa responsabilità incorre in un limite che risiede nell’intervento di un fattore esterno, il caso fortuito: il convenuto, per liberarsi dall’obbligo risarcitorio, deve provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale e che, potendo consistere nel fatto di un terzo o dello stesso danneggiato, deve presentare i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità del fatto medesimo.
I Giudici della Suprema Corte chiamati a pronunciarsi, nel caso de quo, avverso la sentenza della Corte di Appello, affermano che “per escludere la responsabilità da cosa in custodia a norma dell’art. 2051 c.c., il custode ha l’onere di provare che l’evento è stato cagionato da fatto estraneo ad essa – che può dipendere anche dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima (c.d. fortuito incidentale) – del tutto eccezionale, secondo il principio della regolarità e probabilità causale in quelle circostanze di tempo e di luogo, sì da essere imprevedibile e perciò inevitabile. Pertanto, non qualsiasi uso improprio o anomalo della cosa in custodia rispetto alla sua destinazione funzionale configura il caso fortuito, perchè se invece la condotta concorrente del terzo nella causazione dell’evento non è assolutamente imprevedibile ex ante, persiste il nesso di causalità con la cosa e la sua funzione (Cass.Civile 2563/2009), salva la limitazione del risarcimento del danno per gli effetti dell’art. 1227 c.c. da valutare dal giudice di merito (Cass. Civile 11227/2008)”.
Quindi, poichè funzione dell’art. 2051 c.c. è di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi ad essa inerenti (Cass.Civile 4279/2009 e 20317/2005) – e questa è la ragione per cui, ai fini della responsabilità del custode per l’evento dannoso, è sufficiente che il danneggiato provi il nesso causale con la cosa custodita, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della stessa – il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all’uso improprio – da parte del terzo o del danneggiato – della cosa si arresta soltanto al caso in cui la pericolosità dell’anomala utilizzazione di essa, intesa come fattore causale esterno (Cass.Civile 15429/2004) sia talmente evidente ed immediatamente apprezzabile da chiunque, da renderla del tutto imprevedibile e perciò inevitabile (Cass. 20334/2004, 25029/2008).”
I Giudici concludevano quindi per accogliere il ricorso della sig.ra X, in quanto “incontroverso che l’evento dannoso occorso a X è stato cagionato dallo scivolo situato nella villa comunale, per escludere la responsabilità del Comune non è sufficiente, che il Comune abbia provato le buone condizioni di manutenzione dello stesso e l’uso improprio del predetto gioco da parte di X, dovendo altresì il Comune dimostrare che tale utilizzazione era assolutamente inusuale sia da parte dei minori che delle persone adulte e quindi imprevedibile sì che la condotta dalla X ha interrotto il nesso causale tra lo scivolo e l’amputazione del dito che la parte sottostante della lamiera ha provocato e che di conseguenza l’evento non era evitabile mediante l’adozione di opportune cautele, come ad esempio, il divieto di tale uso improprio ovvero il rivestimento dei tubolari sottostanti la lamiera con materiale di gomma o comunque non tagliente”.
Pertanto, nel caso di infortunio avvenuto nel parco giochi, il comune ha l’obbligo di risarcire il danno a meno che non riesca a dimostrare l’utilizzo imprevedibile dei giochi da parte degli utenti.

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