Sulla vendita immobiliare

in caso di vendita immobiliare a corpo nella quale lo scostamento tra misura indicata e misura reale sia rilevante ai sensi dell’art. 1538 cod. civ. (cioè, almeno un ventesimo), la revisione del prezzo deve seguire non il criterio del valore di mercato, né il criterio proporzionale “secco”, ma un criterio proporzionale “corretto”, adeguato alla volontà delle parti di vendere a corpo e non a misura”.

In una controversia vertente intorno alla revisione del prezzo di un contratto di compravendita immobiliare pattuito a corpo, i Giudici della Suprema Corte sono stati chiamati a pronunciarsi sul criterio che i Giudici di merito dovrebbero utilizzare per quantificare l’eventuale riduzione del prezzo di stipula.
Secondo la Corte (Cass. Civile n.19890 del 29 agosto 2013) “è del tutto infondata la pretesa di collegare la revisione al valore dell’immobile corrente sul mercato, che prescinderebbe da quell’equilibrio contrattuale raggiunto dalle parti nell’ambito della loro autonomia negoziale ed attingerebbe elementi integrativi del contratto da fattori già esclusi dalla loro complessiva valutazione.
Non va neppure applicata, però, una riduzione proporzionale “secca”, cioè tale da emendare il contratto moltiplicando il valore per (mq) unità di misura (ricavato dividendo il prezzo il numero di metri quadri indicato in contratto) per il numero dei mq mancanti e sottraendo dal prezzo iniziale l’importo risultante dalla moltiplicazione.
Un’operazione siffatta si tradurrebbe in una cancellazione della volontà di vendere “ a corpo” e nella imposizione della “misura” quale canone contrattuale, penalizzando oltre modo l’errore commesso per avere indicato – oltre i limiti ammessi dall’art. 1538 c.c. – un importo eccedente l’effettiva consistenza.
Il prezzo va ricalcolato in base al criterio proporzionale prudentemente corretto per tener conto della volontà delle parti”

 

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