Doppio cognome, ecco cosa cambia grazie alla pronuncia della Consulta

La Corte Costituzionale si è trovata di recente ad affrontare il tema del doppio cognome da assegnare ai nascituri dichiarando un principio destinato a cambiare la storia. La Consulta ha ritenuto illegittimo l’automatismo per cui, in base all’art. 262, 1 comma, cod. civ., «il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre».

Doppio cognome, ecco cosa cambia grazie alla pronuncia della Consulta

Doppio cognome al vaglio della Corte Costituzionale

I giudici costituzionali hanno affrontato la questione di legittimità andando ad indagare in particolare l’attuale norma che impone, nel caso in cui entrambi i genitori abbiano effettuato il riconoscimento, in mancanza di diverso accordo dei genitori, l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.

La Corte ha sottolineato che «la previsione dell’inderogabile prevalenza del cognome paterno sacrificherebbe il diritto all’identità del minore, negandogli la possibilità di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno».

Il caso concreto, che ha portato la Consulta a ritornare sulla vicenda del doppio cognome, parte dalla richiesta di una coppia che, prima di unirsi in matrimonio, aveva già avuto due figlie riconosciute in precedenza dalla sola madre e che portavano, per questo, solo il suo cognome. I genitori avevano chiesto di assegnare anche al terzogenito, nato dopo il matrimonio, solo il cognome materno, disapplicando la norma per cui automaticamente il figlio prendesse il cognome del padre. Il ricorso era stato dichiarato inammissibile dal Tribunale, che aveva ritenuto che «la norma consuetudinaria sulla trasmissione del cognome paterno al figlio potesse essere superata solo da un intervento legislativo» (atteso da decenni), sostenendo in aggiunta «che la tutela dell’integrità del nucleo famigliare potesse essere salvaguardata dall’attribuzione di entrambi i cognomi dei genitori al terzogenito». Dal 2016, infatti, proprio grazie a una pronuncia della Corte Costituzionale, in Italia è possibile fare richiesta di doppio cognome per ottenere che al figlio venga attribuito anche quello della madre.

Impugnata la pronuncia in corte d’Appello, questa, riconoscendo un problema di incostituzionalità della normativa vigente, aveva invece dichiarato di non poter decidere sulla richiesta dei due coniugi, e così il caso era arrivato davanti alla Corte Costituzionale. Nel loro ricorso i genitori avevano denunciato una violazione del «diritto dei fanciulli alla propria identità, alla pari dignità e all’unità familiare»e sottolineato come, nel caso di specie, la scelta non sarebbe «motivata da un “capriccio” ma dall’esigenza di prendere la migliore decisione nell’interesse del figlio, in quanto l’adozione dello stesso cognome delle sorelle contribuirebbe all’unitarietà del nucleo familiare assicurando al contempo la formazione dell’identità personale del minore in maniera omogenea rispetto ai fratelli».

La Consulta si è così trovata nuovamente ad affrontare il tema della costituzionalità dell’attribuzione in via automatica del solo cognome paterno e, esaminato il caso, ha affermato un principio che, come spesso accade, porta con sé una grande rivoluzione.

Innanzitutto, la Corte ribadisce che l’automatismo imposto «reca il sigillo di una diseguaglianza fra i genitori, che si riverbera e si imprime sull’identità del figlio, così determinando la contestuale violazione degli artt. 2 e 3 Costituzione» affermando inoltre che la norma sull’attribuzione del cognome del padre è il «retaggio di una concezione patriarcale della famiglia» (sentenze n. 286 del 2016 e n. 61 del 2006), il riflesso di una disparità di trattamento che, concepita in seno alla famiglia fondata sul matrimonio, «si è proiettata anche sull’attribuzione del cognome al figlio nato fuori dal matrimonio, ove contemporaneamente riconosciuto».

Si tratta di un automatismo che «non trova alcuna giustificazione né nell’art. 3 Cost., sul quale si fonda il rapporto fra i genitori, uniti nel perseguire l’interesse del figlio, né nel coordinamento tra principio di eguaglianza e finalità di salvaguardia dell’unità familiare, di cui all’art. 29, secondo comma, Cost.».

La pronuncia è molto chiara: «a fronte dell’evoluzione dell’ordinamento, il lascito di una visione discriminatoria, che attraverso il cognome si riverbera sull’identità di ciascuno, non è più tollerabile».

I giudici costituzionali ricordano inoltre come, già dalla fine degli anni ’70, gli obblighi internazionali a cui anche l’ordinamento italiano è vincolato, sollecitano l’«eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna», «in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari […], compresa la scelta del cognome».

Doppio cognome, come funzionerà d’ora in poi

La Corte, preso atto che delle numerose proposte di riforma legislativa, presentate a partire dalla VIII legislatura, nessuna delle quali giunta a compimento, ritiene di non potersi più esimere dal rendere effettiva la «legalità costituzionale».

L’automatismo dell’assegnazione del cognome paterno deve essere rimosso con una regola che sia il più semplice e automatica. Grazie alla pronuncia della Consulta d’ora in poi il cognome del figlio deve comporsi con i cognomi dei genitori, salvo loro diverso accordo. Questo perché «La proiezione sul cognome del figlio del duplice legame genitoriale è la rappresentazione dello status filiationis: trasla sull’identità giuridica e sociale del figlio il rapporto con i due genitori. Al contempo, è il riconoscimento più immediato e diretto del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali» (sentenza n. 286 del 2016).

L’illegittimità costituzionale della norma che comportava la preferenza per il cognome paterno rende però ora necessario individuare un ordine di attribuzione dei cognomi dei due genitori. Non si può, infatti, riprodurre – con un criterio che anteponga meccanicamente il cognome paterno, o quello materno – la stessa logica discriminatoria in vigore finora.

Inoltre, nel caso in cui la coppia decida di attribuire al figlio il cognome di uno solo dei due sarà necessario un loro specifico accordo, non surrogabile in via legislativa, in quanto «implica la scelta di identificare con il cognome di uno dei genitori il duplice legame con il figlio».

Nel caso in cui i genitori non trovino un accordo sull’ordine di attribuzione dei cognomi, che è parte della regola suppletiva, sarà necessario un intervento giudiziale per trovare una soluzione.

Costituzionalmente illegittime le norme che imponeva il cognome paterno

Con la pronuncia, dunque, la Corte dichiara costituzionalmente illegittimo (in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU) l’art. 262, primo comma, cod. civ., «nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto».

Anche per quanto riguarda l’adozione, l’art. 299, terzo comma, cod. civ. è dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui prevede che «l’adottato assume il cognome del marito, anziché prevedere che l’adottato assume i cognomi degli adottanti» salvo differente accordo tra gli stessi.

Stessa sorte di incostituzionalità è riservata alla dettata dell’art. 27 della legge n. 184 del 1983, secondo cui, per effetto dell’adozione, l’adottato «assume e trasmette il cognome» degli adottanti, univocamente con riferimento al cognome del marito. Anche questo articolo è, pertanto, costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui prevede che l’adottato assume il cognome degli adottanti, anziché prevedere che l’adottato assume i cognomi degli adottanti, nell’ordine dagli stessi concordato, fatto salvo l’accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire all’adottato il cognome di uno di loro soltanto.

Due inviti rivolti al legislatore

La Corte conclude la sua pronuncia lanciando due inviti al legislatore, nella speranza che vengano accolti il prima possibile e che i giudici costituzionali non si debbano più trovare a sopperire alle lacune legislative.

In primo luogo, quello di concretizzare un intervento finalizzato a «impedire che l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome. Simile intervento si dimostra impellente, ove si consideri che, a partire dal 2006, varie fonti normative hanno contribuito al diffondersi di doppi cognomi. Occorre preservare la funzione del cognome, identitaria e di identificazione, a livello giuridico e sociale, nei rapporti di diritto pubblico e di diritto privato, che non è compatibile con un meccanismo moltiplicatore dei cognomi nel succedersi delle generazioni».

In secondo luogo, la Corte ricorda che spetta al legislatore «valutare l’interesse del figlio a non vedersi attribuito un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle.»

Naturalmente la pronuncia dei giudici garanti del rispetto della Costituzione non ha carattere retroattivo e la ritenuta incostituzionalità è da applicarsi alle ipotesi in cui l’attribuzione del cognome non sia ancora avvenuta, compresi i casi in cui sia attualmente aperto un procedimento giurisdizionale finalizzato proprio a questo motivo.

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