Nel contesto di un matrimonio in regime di comunione legale dei beni, può accadere che uno dei due coniugi decida, autonomamente, di vendere un immobile comune senza consultare l’altro. Una situazione che può generare interrogativi e preoccupazioni, soprattutto per l’acquirente dell’immobile.
Ma è davvero possibile procedere a una vendita in questi termini? Cosa prevede la legge e quali sono le conseguenze?

Cos’è e come funziona la comunione legale?
Nel diritto italiano, la comunione legale dei beni è il regime patrimoniale che si applica automaticamente ai coniugi, salvo diversa scelta (come la separazione dei beni).
A differenza della comunione ordinaria, in cui ogni parte ha una quota ben definita del bene, la comunione legale si caratterizza per essere una comunione senza quote: ciascun coniuge è titolare dell’intero bene, congiuntamente all’altro.
Proprio per questa configurazione, la legge attribuisce a ciascun coniuge il potere di disporre dei beni comuni. Tuttavia, nel caso di atti di straordinaria amministrazione, come la vendita di un immobile, è necessario il consenso dell’altro coniuge.
La vendita senza consenso è valida?
Il coniuge può, di fatto, vendere da solo un immobile in comunione, ma tale vendita non è pienamente valida, si tratta di un atto annullabile. Non è quindi nullo in senso assoluto, ma può essere impugnato dall’altro coniuge che non ha prestato il proprio consenso ed è stato pertanto “pretermesso”.
La vendita risulta essere efficace nei confronti dell’acquirente fino a quando non viene contestata. L’azione per contestare l’atto, e richiederne l’annullamento è disciplinata dall’articolo 184 del Codice Civile, che prevede “Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell’articolo 2683”.
Cos’è un atto annullabile?
Un atto annullabile è un atto giuridicamente efficace ma affetto da un vizio, che può essere eliminato con una specifica azione giudiziaria. In questo caso, il coniuge escluso dalla decisione di vendere l’immobile può richiedere l’annullamento della vendita nel rispetto dei termini di legge. Se il giudice accoglie la richiesta, la vendita viene considerata come mai avvenuta, con effetto retroattivo.
Ma veniamo ora ai termini: il coniuge che non ha prestato il consenso alla vendita ha un anno di tempo per agire. Ma da quando decorre questo termine?
- Dalla conoscenza effettiva dell’atto, se viene informato della vendita (direttamente o indirettamente);
- Dalla trascrizione nei registri immobiliari, poiché rende l’atto conoscibile pubblicamente;
- Dallo scioglimento della comunione legale (es. separazione, divorzio, morte), se il coniuge non è mai venuto a conoscenza della vendita e l’atto non è stato trascritto.
Una volta decorso l’anno, l’azione non è più esperibile, e la vendita diventa definitiva anche se inizialmente viziata.
Le conseguenze della vendita da parte di un solo coniuge
Chi acquista un immobile in comunione legale da un solo coniuge corre un rischio significativo. Se il coniuge pretermesso agisce in giudizio e ottiene l’annullamento, l’acquirente perde la proprietà del bene. Potrà naturalmente richiedere la restituzione del prezzo pagato e il risarcimento dei danni, ma si troverà comunque senza immobile.
Se il coniuge pretermesso non agisce per tempo o non intende annullare l’atto, la legge impone comunque al coniuge venditore l’obbligo di ricostituire la comunione nello stato in cui si trovava prima della vendita.
Ove ciò non fosse possibile, ha comunque l’onere di ripristinare la titolarità del bene, e pertanto sarà tenuto a versare una somma equivalente al valore del bene alienato, calcolato in base ai valori correnti, infatti: “il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell’altro è obbligato su istanza di quest’ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della ricostituzione della comunione” (art. 184 co 3 Codice Civile).
Considerazioni finali
Vendere un immobile in comunione legale senza il consenso dell’altro coniuge non comporta automaticamente la nullità dell’atto, ma può dar luogo a conseguenze legali tutt’altro che trascurabili, sia per chi vende che per chi compra.
L’articolo 184 del Codice Civile offre strumenti di tutela efficaci, ma il tempo è un fattore cruciale: agire con prontezza e consapevolezza può fare la differenza al fine di poter ottenere una tutela nei confronti di un atto irregolare.
In questi casi, il miglior alleato è sempre una buona consulenza legale.

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