Anche le mance vanno tassate, parola di Cassazione

Il capo ricevimento di un hotel di lusso si “ribella” quando l’agenzia delle entrate pretende il pagamento delle tasse degli oltre 77mila euro di mance guadagnati in un anno: secondo lui quel gruzzolo non rientra nel denaro tassabile non essendo frutto del suo lavoro dipendente. Per la Cassazione invece anche le mance vanno tassate.

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Le mance vanno tassate? Il caso che arriva in Cassazione

La Commissione Tributaria regionale della Sardegna ha accolto l’appello proposto dal ricorrente contro la sentenza della commissione tributaria provinciale di Sassari con la quale era stato rigettato il sui ricorso contro l’accertamento con cui l’agenzia delle entrate recuperava la tassazione per l’anno 2005 per redditi da lavoro dipendente non dichiarati per oltre 77mila euro, corrispondenti alle mance percepite ed elargitegli dai clienti in qualità di capo ricevimento di un hotel di lusso.

Per la commissione tributaria regionale sono da ritenersi non tassabili le somme percepite a titolo di mance, non essendo comprese nella previsione di reddito da lavoro dipendente, vista la loro natura aleatoria e in quanto percepite direttamente dai clienti senza alcuna relazione con il datore di lavoro.

L’Agenzia delle Entrate propone così ricorso in Cassazione lamentando che “le somme oggetto della tassazione in questione sono state comunque percepite dal contribuente in relazione al rapporto di lavoro, per cui rientrano pienamente nella nozione di lavoro dipendente, che sottolinea la natura onnicomprensiva del reddito da lavoro dipendente non più limitato al salario percepito dal datore di lavoro”.

Le mance vanno tassate: i motivi della decisione

La Corte di Cassazione si trova a dover riassumere la normativa vigente specificando che l’art. 51 del TUIR (primo comma) prevede espressamente che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. L’art. 49 del Tuir specifica poi cosa si debba intendere per reddito da lavoro dipendente, formulando: “Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendente e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro”.  

La Corte conclude affermando che “L’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente giustifica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve anche come nel caso in esame non direttamente dal datore di lavoro, ma sulla cui percezione il dipendente può fare ragionevole affidamento.”

Rinvio alla Commissione Tributaria

Per gli Ermellini il ricorso dell’Agenzia delle entrate merita accoglimento, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla commissione tributaria della Sardegna, che dovrà uniformarsi al principio di diritto secondo cui “In tema di reddito da lavoro dipendente, le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’art. 51, 1 c., del d.P.R. n 917/1896 e sono soggette a tassazione.”

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