Sull’assegnazione della casa coniugale in comodato

La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15113/2013 auspicando un ripensamento dell’orientamento giurisprudenziale delineato nella sentenza n.13603/2004, (vedasi Assegnazione casa coniugale in comodato gratuito c.d. precario) disponeva la trasmissione alle Sezioni Unite affinché potessero nuovamente intervenire sulla

questione del comodato di immobile con destinazione a casa familiare.

Le Sezioni Unite, con sentenza n.20448/2004, hanno confermato il principio di diritto a suo tempo espresso, principio a cui si è attenuta, con qualche precisazione, la giurisprudenza di merito e legittimità successiva, ossia che “nell’ipotesi di concessione di comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809 c.c.” (Cass. Sez.Un. n.13603/2004).

Secondo i Giudici della Suprema Corte“ il codice civile disciplina due forme di comodato, quello propriamente detto, regolato dagli artt. 1803 e 1809 e il c.d. precario, al quale si riferisce l’art. 1810 c.c..

E’ solo nel caso di cui all’art. 1810 c.c., connotato dalla mancata pattuizione di un termine e dalla impossibilità di desumerlo dall’uso cui doveva essere destinata la cosa, che è consentito di richiedere ad nutum il rilascio al comodatario. 

L’art. 1809 c.c. concerne, invece, il comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale.

Esso è caratterizzato dalla facoltà del comodante di esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente e imprevisto bisogno (art. 1809, comma 2, c.c.).

E’ a questo tipo contrattuale che va ricondotto il comodato di immobile che sia stato pattuito per la destinazione di soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario. Trattasi, infatti, di contratto sorto per un uso determinato e dunque, come è stato osservato, per un tempo determinabile per relationem, che può essere cioè individuato in considerazione della destinazione a casa familiare contrattualmente prevista, indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale”.

Pertanto “indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale, non sussiste il diritto del comodante a richiedere la restituzione ad nutum del bene ed il comodato è destinato a persistere finchè persistono le esigenze di tutela dell’habitat domestico dei figli, salva la ricorrenza di un imprevisto ed urgente ma non necessariamente grave bisogno del comodante” (Cass. Civile n.20448/2014).

Possiamo concludere dicendo che la questione sul se, come e quando il comodante possa ottenere la restituzione dell’immobile sia da considerarsi definitivamente chiusa.

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