Il fermo amministrativo

Introdotto nel lontano 1973, è pratica più odiosa messa in atto da diversi Enti impositori, quali Agenzia delle Entrate, Regioni, Comuni, Inps, per rivalersi sul contribuente moroso per crediti vantati nei confronti dello stesso bloccando un bene mobile registrato di sua proprietà.
Nato con il D. P. R. n. 602/1973, artt. 50 e 86, sotto il titolo “Riscossione coattiva”, successivamente, con il D. M. n. 503/1998, sono state e messe le disposizioni attuative del citato art. 86 che prevedevano l’emissione del provvedimento di fermo, a carico dell’Amministrazione finanziaria, solo dopo che fosse risultata evidente l’impossibilità di pignorare il bene. Con il D. Lgs. n. 46/1999 ed il D. Lgs. n. 193/2001 è stata modificata la normativa originale riguardo alle competenze – affidate ai Concessionari – e alle procedure, senza che venissero apportate modifiche al decreto attuativo.
Recentemente, poi, è intervenuta la L. n. 248/2005 che ha convertito il D. L. n. 203/2005. Tale legge riguardante “misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, si occupa del fermo amministrativo all’art. 3 stabilendo, la soppressione dal 01.10.2006 del sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale di riscossione ed attribuzione dello stesso direttamente all’Agenzia delle Entrate che le svolgerà tramite la società “Riscossione S. p. a.”; al comma 41 interpreta l’art. 86 del D. P. R. 602/1973 nel senso che, fino all’emanazione del decreto attuativo, il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto della disposizioni contenute nel D. M. n. 503/1998. Ciò, praticamente, “rimette in gioco” il vecchio decreto attuativo, contribuendo ad aumentare la notevole confusione normativa in materia.
La procedura di funzionamento dell’istituto in parola è la seguente.
A fronte del debito tributario viene notificata al contribuente la cartella esattoriale che deve contenere l’espressa dicitura riguardo al provvedimento previsto in caso di mancato pagamento.
Decorsi i 60 giorni dalla notifica della cartella, il concessionario ( dal 01.10.2006 società “Riscossioni S. p. a.”) potrà disporre il fermo dei beni mobili registrati, del debitore e dei coobbligati.
Il fermo si esegue mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del concessionario.
Dopo aver emesso il provvedimento di fermo i concessionari devono, prima di farne iscrizione al PRA, inviare ai contribuenti una comunicazione con la quale li invitano al versamento dettando un termine di 20 giorni.
Se segue regolare pagamento presso gli sportelli del concessionario, il contribuente potrà evitare il blocco ma dovrà corrispondere gli interessi di mora e le spese per l’iscrizione del fermo. L’unica cifra che eviterà di pagare, così facendo, è quella relativa alla cancellazione del provvedimento.
La legge prevede, attualmente, che a fronte del mancato pagamento della cartella esattoriale al Concessionario è concesso di procedere alla riscossione tramite atti esecutivi come il pignoramento, l’ipoteca, l’esproprio sia di beni mobili che immobili. Al fermo, quindi, nel caso in cui non segua il pagamento può seguire il pignoramento o l’esproprio del mezzo.
A riguardo si rappresenta che la circolazione con mezzi sottoposti a fermo è sanzionata, come previsto dall’art. 214, co. 8, del codice della strada col pagamento di una multa da Euro 656,25 a Euro 2.628,15 nonché la confisca del mezzo.
In ordine alle possibilità di contestare il provvedimento di fermo, in realtà, nonostante sia spesso sbandierata la possibilità di ottenere con facilità annullamenti del provvedimento o rimborsi danni, la questione è molto dibattuta e complessa e la giurisprudenza si è pronunciata il più delle volte in modo contraddittorio.
Il fatto è che la legge non è sufficientemente chiara in molti punti, a partire dall’identificazione della natura dell’atto (cautelare, esecutivo, amministrativo – vincolato o discrezionale – od addirittura “misto”) fino ad arrivare, di conseguenza, alla determinazione dell’organo competente a gestire i ricorsi.
A ciò si aggiunge una discussa carenza normativa, nel senso che manca un chiaro ed adeguato decreto attuativo alla norma che prevede il fermo, ovvero precise ed attendibili disposizioni pratiche riguardo alla procedura.
Discussa perché il legislatore è recentemente intervenuto in materia ed ha “sconvolto” quelli che parevano punti fermi stabiliti da varie sentenze, anche piuttosto autorevoli.
Ciò di fatto rende ancora più incerto l’esito di un ricorso fatto su tali basi.
Molte contestazioni e pronunce riguardano poi la sproporzione che spesso c’è tra l’importo dovuto ed il danno che il provvedimento causa all’obbligato, solo ad esempio si pensi al fermo di un auto che serve per lavorare a causa di un debito di importo piuttosto basso o comunque inferiore al danno che causato al debitore).
In tutti i casi è determinante, pensando ad un ricorso, approfondire la questione a livello giuridico e spesso può rivelarsi inevitabile, nonché consigliabile, rivolgersi ad un avvocato.

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Avv. Italo Interino
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