La figlia adulta laureata va mantenuta?

Sappiamo bene che di questi tempi avere una laurea non significa automaticamente avere uno stipendio sicuro e un posto fisso: anzi! Per i giovani laureati quello di un lavoro che garantisca loro un minimo di stabilità economica è spesso un sogno che si concretizza solamente in seguito a qualche anno di “gavetta”, dopo essersi destreggiati tra stage e tirocini gratuiti o sottopagati.

Ma in tutti questi anni di lavori malpagati e spesso indegni, i genitori hanno comunque l’obbligo di mantenere i figli adulti? Per la Cassazione la risposta è no: la figlia adulta laureata non va mantenuta, anche se guadagna poco. Sta a lei decidere di cambiare vita e trovare un lavoro che le permetta di mantenersi.

Figlia laureata che guadagna poco: il caso

Il caso esaminato oggi approda in Cassazione su ricorso di un padre, che decide di impugnare la sentenza di secondo grado che aveva negato la sua richiesta a revocare l’assegnazione della casa coniugale alla moglie e, soprattutto, di eliminare l’assegno di mantenimento di 628,68 euro per la figlia trentacinquenne della coppia, che ormai da tempo il padre versava direttamente sul suo conto.

Tra i motivi di ricorso viene denunciato come i giudici abbiano erroneamente stabilito l’assegnazione della casa familiare all’ex moglie “fin tanto che la figlia non abbia raggiunto la propria autosufficienza economica e continui a risiedere con la madre”, considerato che la giovane donna aveva una propria attività principale nel lavoro di insegnante d’arte mediante la quale riusciva a guadagnare un po’ di denaro.

Obbligo di mantenere il figlio: cosa dice la Cassazione

Per i giudici di legittimità il ricorso è fondato e viene accolto. La Cassazione con sentenza n. 8240/2024 spiega bene la differenza tra l’obbligo di mantenere il figlio neomaggiorenne che ancora studia e la possibilità di mantenere il figlio adulto laureato da tempo ma che ancora non riesce ad essere economicamente autosufficiente.

Seguendo la propria giurisprudenza, i giudici chiariscono che “in tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi attivato nella ricerca di un lavoro. Di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegue nel percorso di studi superiori/universitari/ di specializzazione, questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento. Viceversa, per il figlio adulto, in ragione del principio dell’autoresponsabilità sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze oggettive ed esterne che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa”.

La Cassazione, esaminando il caso concreto, valuta come la figlia trentacinquenne, laureata in storia dell’arte ed insegnante nella materia, era riuscita a guadagnare circa 4.000,00 euro all’anno: un guadagno modesto che però risultava essere significativo delle sue possibilità di mettere a frutto le sue capacità professionali. Per il giudici, quindi, è corretta la richiesta del padre di mettere in discussione l’obbligo di versare alla figlia l’assegno di mantenimento mensile, pur restando in capo all’uomo la possibilità di aiutare la figlia in caso di bisogno pagandole un eventuale assegno alimentare su richiesta. Da ciò ne deriva anche la necessità di accogliere la richiesta di revoca dell’assegnazione della casa coniugale, essendo strettamente legata all’autonomia economica della figlia comune della coppia.

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