Messaggi sessuali con una minorenne: è violenza sessuale

La Cassazione conferma: scambiarsi messaggi sessuali con una minorenne, minacciandola di divulgare le foto nel caso in cui non faccia ciò che si chiede, è violenza sessuale anche se non vi è un contatto fisico.

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Messaggi sessuali a una minorenne

Il caso viene portato in  Cassazione dal legale dell’indagato dopo che Tribunale del Riesame di Milano confermava l’ordinanza del GIP di arresto in carcere per il reato di violenza sessuale.

L’uomo era accusato di concorso in violenza sessuale aggravata, secondo gli articoli 81 cpv,. 609 bis c.p., che specifica che “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni”, e 609 ter c.p..

L’indagato è infatti accusato di aver scritto una serie di messaggi sessuali di WhatsApp, allusivi e sessualmente espliciti, ad una ragazza minorenne, costringendola a scattarsi foto senza reggiseno e a inoltrargliele, nonché a ricevere una foto ritraente il membro maschile dell’indagato e dovendolo anche commentare  sotto la minaccia di pubblicare la chat su instagram e su pagine hot.

La difesa dell’indagato: per i messaggi sessuali si può parlare di adescamento di minori

Secondo il principale punto di difesa dell’indagato, il fatto commesso dall’uomo non era riconducibile all’art. 609 bis c.p. ma, al limite, al 609 undecies c.p. relativo all’adescamento di minori che prevede che “Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600 bis, 600 ter e 600 quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600 quater 1, 600 quinquies, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”.

Seguendo tale tesi infatti mancherebbe l’atto sessuale in sé non essendo avvenuto alcun incontro tra l’indagato e la sua vittima. Pur ammettendo le conversazioni, l’indagato ha negato di aver indotto la vittima a pratiche di autoerotismo o altre pratiche sessuali via chat, negando di aver mai avanzato proposte di incontro o sesso via chat. La condotta illecita si sarebbe limitata all’invio di una propria foto nudo, invitando la ragazza ad un commento, nonché alla ricezione della foto della ragazza senza reggiseno. Questo comportamento non avrebbe quindi intaccato l’integrità psico-fisica della giovane.

Sempre secondo la difesa, la condotta poteva al limite integrare quella del reato meno grave di cui all’art. 609 – undecies c.p, ossia quella di  adescamento di minori per commettere prostituzione minorile con minaccia e mediante l’utilizzo della rete internet.  

È violenza sessuale inviare e ricevere messaggi sessuali da una minorenne

La Cassazione con sentenza n. 25266/2020  ritiene che la violenza sessuale sia pienamente integrata, pur in assenza di contatto fisico con la vittima, quando gli atti sessuali coinvolgessero la corporeità sessuale della persona offesa e fossero finalizzati e idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale della prospettiva di soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale.

Elementi riscontrabili nella condotta in esame, caratterizzata dall’induzione allo scambio di foto erotiche, da  conversazione incentrata sulle pregresse esperienze sessuali e gusti erotici, nonché dalla crescente minaccia di divulgare in pubblico le chat, già avvenute tra le parti.

Per tali motivi, quindi, la Cassazione, confermava l’ordinanza impugnata, ravvisando nella condotta dell’indagato gravi indizi di colpevolezza tipici del reato di violenza sessuale.

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