Pesca: usare piccioni vivi come esche è maltrattamento

Si possono usare piccioni vivi come esche per pescare? La risposta, che appare scontata, è no. Eppure la storia di oggi non è nuova ai temi del maltrattamento animale. Non è una novità, infatti, che chi si diletta in caccia e pesca non rispetti le norme stabilite, specialmente in materia di richiami vivi. In un recente caso esaminato dalla Cassazione due pescatori sono stati condannati per maltrattamento animale dopo aver utilizzato piccioni vivi come esche per la pesca lanciandoli in un fiume per attirare qualche grosso pesce.

La difesa dei pescatori

Impugnando la sentenza di condanna di secondo grado i pescatori si sono difesi sostenendo una tesi che, come affermato poi dalla Cassazione, era assolutamente priva di alcun tipo di fondamento, basata su due censure smontate pezzo per pezzo dai giudici. Gli imputati avevano sostenuto che i piccioni (così come altri piccoli e medi volatili) sono in realtà prede naturali del pesce siluro che stavano pescando. Per i pescatori, dunque, come non è condannabile utilizzare vermi vivi infilzati nell’amo per far abboccare i pesci più piccoli, allo stesso modo utilizzare dei piccioni vivi non poteva essere riconosciuto come condotta penalmente rilevante.

In secondo luogo la difesa sosteneva che, essendo la pesca una lecita attività di svago, non potevano applicarsi le disposizioni del titolo IX bis del libro secondo del codice penale relative alle attività di caccia pesca, allevamento, trasporto e macellazione di animali.

Usare piccioni vivi come esche è reato

Analizzando il caso è indispensabile andare a studiare la fattispecie di reato di maltrattamento di animali disposta dall’art. 544 ter c.p., la quale stabilisce che “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione (da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro)”.

Nel caso specifico la Corta ricorda che la vigente normativa relativa alla pesca, che si applica anche nel caso di pesca sportiva, non consente l’utilizzo di esseri viventi, vietando che animali dotati di sensibilità psico-fisica siano sottoposti a ingiustificate sofferenze. È per questo motivo che il verme può essere infilzato mentre un uccello vivo non può essere ripetutamente lanciato in acqua come esca per attirare i grossi pesci che si intendono pescare.

Il maltrattamento animale dei pescatori

Gli Ermellini riconoscono nella legatura della zampina del volatile alla lenza e nei ripetuti affogamenti in acqua perpetrati dagli imputati nei confronti degli uccelli, vere e proprie sevizie capaci di provocare ai piccioni gravi e immotivate sofferenze. Inoltre, aggiunge la Corte, il fatto che questi siano prede naturali del pesce siluro non giustifica in alcun modo il loro utilizzo per la pesca.

La pesca del pesce siluro può essere praticata con le esche di uso comune utilizzando larve, pezzi di carne o oggetti luccicanti, ma in alcun modo tramite animali vivi, provocando ad essi gravi sofferenze e imponendo loro attitudini etologiche insopportabili e incompatibili con la loro natura.

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