Revisione del processo: cos’è e come funziona

Che si pensi che siano innocenti o che si creda che siano indubbiamente colpevoli, il caso di Olindo e Rosa Romano, già condannati in via definitiva per la così detta “strage di Erba” avvenuta nel 2006, a distanza di oltre 15 anni fa ancora discutere, tanto che si è tornati a parlare di revisione del processo: ma che cosa significa? Vediamo insieme che cosa prevede la normativa in merito.

Revisione del processo: cosa dice la normativa

La revisione del processo è uno strumento di riesame straordinario disciplinato dagli artt. 629-642 del codice di procedura penale, che prevede la possibilità di correggere un eventuale errore giudiziario riscontrato in una condanna definitiva, ossia già passato in giudicato e per cui non è possibile chiedere un altro riesame se non la revisione.

Incaricata di decidere della possibilità di svolgere un nuovo processo è la competente Corte d’appello, che valuta le prove proposte dal richiedente e decide se vi siano le condizioni per procedere. Una volta che viene accordata la possibilità di effettuare la revisione del processo viene concretamente istituito un nuovo processo chiamato “processo di revisione”.

Chi può richiedere la revisione del processo

In base all’art. 632 c.p.p. possono chiedere la revisione solamente:

    a) il condannato o un suo prossimo congiunto ovvero la persona che ha sul condannato l’autorità tutoria e, se il condannato è morto, l’erede o un prossimo congiunto;

    b) il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto fu pronunciata la sentenza di condanna. Le persone indicate nella lettera a) possono unire la propria richiesta a quella del procuratore generale.

Inoltre, la richiesta deve essere basata su elementi tali da dimostrare, qualora venissero accertati durante la revisione, che il condannato deve essere prosciolto (art. 631 c.p.p.). Dunque, qualora i nuovi elementi proposti fossero utili solamente a ridimensionare la sentenza di condanna senza però provare l’innocenza dell’imputato e portare alla sua scarcerazione, non è possibile richiedere la revisione.

Quando può essere richiesta la revisione del processo

Come precedentemente anticipato, L’art. 630 c.p.p. prevede nello specifico i casi tassativi grazie ai quali è possibile richiedere la revisione del processo.

“1. La revisione può essere richiesta:

    a) se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale irrevocabile [648] del giudice ordinario o di un giudice speciale;

    b) se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo, successivamente revocata, che abbia deciso una delle questioni pregiudiziali previste dall’articolo 3 ovvero una delle questioni previste dall’articolo 479;

    c) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’articolo 631(2);

    d) se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato”.  Tale ipotesi è perseguibile anche dopo una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo, così come previsto dalla Corte Costituzionale nel 2011.

Conclusione della revisione del processo

La revisione del processo si può concludere:

  • Con la conferma della sentenza già passata in giudicato;
  • Con la sovversione della sentenza per cui si è chiesta la revisione: in questo caso viene confermata l’esistenza di un errore giudiziario, previsto dall’art. 24 della Costituzione, il quale prevede che “La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.
studio legale zambonin

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