Separazione senza addebito se l’abbandono del tetto familiare avviene per maltrattamenti  

Vivi una situazione di violenza domestica ma ti senti costretta a continuare a vivere in casa con il partner violento per non essere ritenuta responsabile della fine del matrimonio? Sappi che ci sono casi in cui la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto della donna ad abbandonare il tetto familiare senza che ci sia l’attribuzione dell’addebito

Non sempre l’addebito per abbandono della casa familiare è automatico

Sicuramente è capitato a tutti di sentire (o di vivere in prima persona) la spiacevole situazione in cui, durante una difficile separazione, per un periodo di tempo la convivenza con il partner nella casa familiare persiste per evitare di incorrere nel famoso “abbandono del tetto familiare”. Si tratta della scelta di marito o moglie di lasciare la casa di famiglia prima che vengano stabiliti dal giudice i termini di separazione, rischiando così sia di perdere il diritto al mantenimento che di venire riconosciuto come responsabile per la fine del matrimonio. Ma non sempre questo procedimento è automatico: vi sono casi di separazione senza addebito anche se uno dei partner va via di casa, come specificato dalla Cassazione in una recente ordinanza in cui non è stato riconosciuto l’addebito alla moglie “scappata” di casa a causa dei maltrattamenti subiti dal marito.

Ricordiamo fin da subito che, in ogni caso, il trasferimento altrove (o l’abbandono della casa coniugale) di per sé non comporta l’addebito della separazione, che potrebbe però avvenire nel caso in cui uno dei coniugi abbia richiesto l’addebito in una causa giudiziale e dimostrato che il trasferimento del partner abbia causato la crisi coniugale e sia quindi la causa della separazione.

Abbandono casa familiare: quando è riconosciuto l’addebito

In generale è bene ricordare che affinché venga riconosciuto l’addebito della separazione non è sufficiente un allontanamento momentaneo dalla casa familiare ma si deve trattare di un’assenza prolungata nel tempo e “irreversibile”, ossia basata sulla decisione di uno dei partner di non fare ritorno a casa.

Come anticipato, esistono però casi specifici in cui il sol fatto di aver abbandonato la casa familiare non è sufficiente per addebitare la separazione a chi se n’è andato, dovendo il giudice esaminare la situazione nel suo complesso.

Abbandono casa familiare: niente addebito se c’è maltrattamento

Nella recente ordinanza n. 11032/24 della Corte di Cassazione i giudici di legittimità, esaminando il caso concreto di una donna allontanatasi dalla casa familiare a causa dei persistenti maltrattamenti subiti dal partner, hanno ricordato un importante principio in tema di addebito richiamando la normativa vigente.

L’art. 151 del codice civile relativo alle “cause di separazione personale”, stabilisce che “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole”.

Il giudice, pronunziando la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.

Ai fini di determinare la responsabile dell’addebito, dunque, i giudici devono necessariamente prendere in considerazione le condizioni in cui marito e moglie vivono, esaminando anche le sofferenze patite da uno dei due durante il matrimonio e, nel caso in cui venga riconosciuta una situazione di intollerabilità della convivenza, viene effettuata una diversa valutazione per l’addebito. Nel caso concreto in giudizio era stato dimostrato che la scelta della donna di abbandonare il tetto familiare era legata esclusivamente all’impossibile situazione vissuta, caratterizzata da vessazioni e maltrattamenti continui del marito.

La moglie durante il processo era stata in grado di dimostrare gli atteggiamenti aggressivi, le azioni denigratorie subite e i molteplici tradimenti dal marito messi in atto: una complessa situazione che aveva portato la donna ad andarsene di casa anche per paura che le violente reazioni dell’uomo potessero degenerare nel tempo.

Per la Cassazione, quindi, se il matrimonio è giunto al capolinea per una pregressa situazione (come quella di violenza) l’addebito della fine del rapporto non è attribuibile a uno dei partner solo perché se n’è andato di casa.

studio legale zambonin

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