Hai dato le dimissioni rispettando il preavviso ma quel famoso mese di ferie che hai più volte chiesto di fare, anche frammentato, in questi anni e ti è sempre stato negato ora non ti viene nemmeno riconosciuto come indennità ferie non godute? Fai attenzione: hai tutto il diritto a godere dell’indennità, anche se l’azienda te la nega. A ribadirlo è stata la Corte di cassazione nella recedente sentenza n.32807/2023.
Indennità ferie non godute: Il caso giunto in Cassazione
Un dirigente medico agisce in giudizio nei confronti dell’Azienda sanitaria per cui lavorava rivendicando il diritto di poter godere dell’indennità prevista per i 157 giorni di ferie non godute accumulati negli anni. Il Tribunale di Pescara respinge la domanda e la sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello. Per i giudici dei primi due gradi di giudizio è intervenuta la prescrizione delle indennità richieste per le ferie maturate prima del 2005, non avendo il dipendente scelto di smaltirle negli anni, come invece avrebbe potuto fare. Secondo i giudici il dipendente, rassegnando le proprie dimissioni, aveva anche implicitamente rinunciato alle ferie non ancora prescritte, operando il divieto di monetizzazione. Il dirigente decide di presentare ricorso in Cassazione, dove gli Ermellini accolgono la sua richiesta attribuendogli la ragione della questione.
Indennità ferie non godute: quando il dipendente dimissionario ne ha diritto
In Cassazione, tra gli altri motivi di ricorso, il dipendente lamenta di non essere stato messo nelle condizioni da parte dell’azienda di poter smaltire nel tempo i giorni di ferie arretrati, motivo per cui non si poteva parlare di una volontaria rinuncia a godere delle stesse. Viene denunciato anche il fatto che i primi due giudici non hanno tenuto conto di un fatto decisivo “ossia della reiterata volontà del lavoratore di fruire delle ferie arretrate, espressa in forma scritta all’Asl”. Inoltre, la Corte ha anche trascurato di “considerare la reiterata rinuncia alla prescrizione espressa dall’ASL circa il diritto del lavoratore a sostituire alle ferie l’indennità compensativa”.
La Cassazione ritiene doveroso dare continuità all’indirizzo della Corte (che si conforma ai principi enunciati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea), secondo cui “la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto qualora il datore di lavoro offra la prova di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie e di averlo nel contempo avvisato che, in caso di mancata fruizione, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento di un periodo di riporto autorizzato”.
Indennità ferie non godute: al datore di lavoro l’onere della prova
Nel caso specifico la Corte territoriale aveva escluso che l’Asl avesse adempiuto all’onere probatorio di aver invitato il lavoratore a godere delle ferie ritenendo erroneamente, però, che il “il diritto all’ indennità sostitutiva delle ferie fosse da escludere per effetto delle dimissioni del lavoratore, atto volontario che lasciava presumere, secondo il giudice d’appello, l’accettazione delle conseguenze che derivavano dall’estinzione del rapporto, ivi compresa la perdita delle ferie maturate”.
Per la Cassazione, dovendosi intendere il divieto di corrispondere trattamenti economici sostitutivi al godimento delle ferie come un atto volto a contrastare gli abusi, al fine di tutelare il lavoratore incolpevole “nessun valore di rinuncia all’indennità sostitutiva delle ferie può, in definitiva, essere automaticamente attribuito alle dimissioni del lavoratore, atto volontario posto dalla disciplina sullo stesso piano delle altre vicende risolutorie del rapporto di lavoro”.
Inoltre, gli Ermellini ricordano che, come già in passato affermato dalla Corte, “la prescrizione del diritto del lavoratore all’ indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal medesimo lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l’invito ad usufruirne”.
Cosa deve fare il datore di lavoro per non incorrere in errore
L’invito che il datore di lavoro deve rivolgere al dipendente per far sì che goda delle ferie arretrate deve:
- Essere formulato in modo accurato;
- Essere formulato in tempo utile a garantire che ferie e riposi siano idonei ad apportare al dipendente il riposo per il quale sono stati pensati;
- Contenere l’avviso che, nel caso di mancato godimento, queste ferie andranno perse.
Avendo i giudici chiarito che nel caso in esame è stato colpevolmente il datore di lavoro a creare i presupposti per la mancata fruizione delle ferie spettanti, il ricorso del dipendente viene pienamente accolto dalla Cassazione, che cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello il giudizio.
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