Apple deve consentire l’accesso dei genitori al Cloud del figlio morto: è eredità digitale

Una sentenza storica quella del Tribunale Civile di Milano, che pochi giorni fa si è pronunciato su un tema che nel futuro diventerà sempre più rilevante: quello dell’eredità digitale.

eredità digitale

Cos’è l’eredità digitale

L’identità digitale si riferisce a tutti i dati digitali che una persona lascia online e negli hard disk dopo la sua morte.

Rientrano nell’eredità digitale tutti i profili sui social network, l’online banking, le caselle di posta elettronica, gli spazi di archiviazione su cloud (esattamente come nel caso specifico), le chat, i file multimediali.

Il caso di Milano

Nel caso specifico i genitori di un 25enne deceduto lo scorso anno si sono rivolti al Tribunale per ottenere il consenso da Apple ad accedere agli account e ai contenuti digitali che erano sul telefono del figlio, purtroppo distrutto durante l’incidente in cui il giovane perse la vita, ma sincronizzati online su iCloud di Apple e dunque reperibili con i corretti accessi.

L’obiettivo dei genitori, come immaginabile, non era certo quello di violare la privacy del figlio, ma anzi avere più ricordi possibili grazie ai quali poter superare la sua improvvisa e dolorosa perdita. Eppure, nonostante i tentativi della famiglia di ottenere ragionevolmente da Apple la possibilità di accedere ai contenuti richiesti, la multinazionale non ha mai acconsentito alla richiesta invocando la protezione della sicurezza dei clienti.

Pare anzi che le richieste fatte da Apple per concedere l’accesso fossero impossibili: il fatto che i genitori dovessero avere una serie di prerequisiti giuridici, come essere gli “agenti” del figlio titolari di un consenso legittimo secondo quanto richiesto dall’Electronic Communications Privacy Act, erano requisiti impossibili di cui i genitori, ovviamente, erano privi.

identità digitale

Per il Tribunale sono richieste illegittime

Il giudice Martina Flamini del Tribunale di Milano, incaricato del caso, ha dichiarato illegittima la pretesa di Apple di subordinare l’esercizio di un diritto riconosciuto dall’ordinamento giuridico italiano alla previsione di requisiti estranei alle norme di legge nazionali.

Secondo l’art. 2 terdecies del Nuovo Codice Privacy (D.lgs. 196/2003 aggiornato al 2018) in merito ai diritti riguardanti le persone decedute, è previsto che:

1. I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata.

3. La volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti di cui al comma 1 deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata; il divieto può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti di cui al predetto comma.

Proprio con riferimento al 1° comma, in un cui è espressamente previsto l’accesso ai dati per ragioni familiari meritevoli di protezione, per il Tribunale la richiesta dei genitori del ragazzo è legittima in relazione al legame esistente tra genitori e figli e la volontà di realizzare un progetto che possa tenere viva la memoria del figlio.

In sostanza mantenere vivo il ricordo di un figlio morto precocemente tramite l’accesso al suo cloud è un interesse più che legittimo, che per il Tribunale è meritevole di tutela.

studio legale zambonin

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