Carattere distintivo del marchio e secondary meaning

Quali caratteristiche deve avere un marchio perché possa venire registrato in via esclusiva? Perché il secondary meaning è importante?

Carattere distintivo del marchio

carattere distintivo del marchio

La validità di un marchio è per sua natura influenzata dalla capacità distintiva dello stesso: il segno distintivo apposto su un prodotto può influenzare le scelte dei consumatori o, addirittura, determinarle. 

Infatti, ai sensi dell’art.7 del Codice della proprietà industriale (D.Lgs. n.30/2005), possono essere registrati come marchi «tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, […], i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché atti a distinguere i prodotti o i servizi di una impresa da quelli di altre imprese».

Non saranno pertanto suscettibili di registrazione i segni originariamente privi di capacità distintiva, ex art.13 c.p.i., in quanto costituiti da denominazione generica, indicazione descrittiva o un termine di uso del linguaggio corrente o della prassi di mercato.

Tuttavia, è possibile che anche quei marchi inizialmente incapaci di esprimere capacità distintiva possano essere oggetto di registrazione, laddove acquistino nella percezione del pubblico dei consumatori un’attitudine individualizzante in seguito ad un uso prolungato nel tempo e di particolare intensità. Il principio così identificato, di matrice anglosassone, è il c.d. secondary meaning, recepito sia a livello nazionale dall’art. 13 co. 2 – 3 c.p.i., sia a livello europeo dall’art. 59 par. 2 Reg.  2017/1001.

Secondary meaning: casi in cui è stato determinante

Non sono pochi i casi in cui il secondary meaning abbia giocato un ruolo fondamentale nella registrazione di un marchio, e conseguentemente nella sua tutela. 

La Corte di Cassazione nella sentenza n.7738/2016, in relazione alla controversia sorta sull’effettività del potere individualizzante del termine “Rotoloni” registrato sia come componente di un marchio complesso, che come segno a sé stante, rilevava come soprattutto per effetto dell’elevata diffusione commerciale, a sua volta sovente dipendente da massicci investimenti pubblicitari ed azzeccate strategie di marketing, un marchio inizialmente privo di capacità distintiva potesse acquistarla.

Infatti, proseguiva la Suprema Corte, «massicce attività di pubblicizzazione del marchio possono indurre ad una radicale trasformazione della sua percezione distintiva nel mercato dei consumatori, nel quale si sia diffusa l’identificazione del prodotto contraddistinto dal marchio, sebbene questo consti in origine di un termine generico».

Allo stesso modo, la Corte di giustizia dell’Unione Europea, sez. Grande, nella sentenza  resa il 12/06/2018 n.C-163/16 stabiliva che nella mente del consumatore il colore rosso della suola fosse attribuito alla celebre maison Christian Louboutin per effetto di secondary meaning; pertanto, la concorrente casa di moda Yves Saint Laurent potrà continuare a produrre scarpe con la suola rossa, a patto che anche il resto della scarpa sarà rosso.

Il caso Adidas, dichiarato nullo come marchio europeo

Viceversa, un caso che ha destato non poco scalpore, è quello che vede protagonista il celebre marchio Adidas.

Nella recentissima sentenza n.307/2019 emessa dal Tribunale di I grado dell’Unione Europea, sez. IX, il marchio figurativo rappresentato da «tre fini strisce nere verticali e parallele, su fondo bianco, circa cinque volte più alte che larghe» non sembrerebbe aver acquisito un carattere distintivo per l’uso diffuso e la notorietà acquisita.

In particolare, per essere ammesso alla registrazione come marchio europeo, lo stesso deve avere un carattere distintivo, intrinseco o acquisito in seguito all’uso, in tutta l’Unione.

Le prove fornite dal noto brand non consentirebbero di dimostrare un uso del marchio tale da giustificare una simile acquisizione in tutti gli Stati membri dell’Unione: i risultati degli studi di mercato presentati al Giudice interessano solo alcuni Stati membri (tra cui Germania, Estonia, Spagna, Italia, Romania, Finlandia), benché significativi a livello di popolazione.

Sulla scorta di tali motivazioni, il Tribunale dell’Unione Europea dichiara nullo il famoso marchio Adidas perché privo di capacità distintiva, non potendo la stessa desumersi nemmeno secondo il principio di secondary meaning.

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