Corte d’appello di Torino: Foodora segua il contratto nazionale!

Nell’era degli smartphone e dell’istantaneità, è ormai uso comune per i più fare una telefonata veloce e vedersi recapitare vere e proprie prelibatezze proprio davanti alla porta di casa, con costi di distribuzioni piuttosto ridicoli, se non addirittura nulli. Eppure, il cibo viene recapitato direttamente in bicicletta, in motorino o – assai raramente – in macchina, da fattorini in carne ed ossa.

Fattorini (in questo caso di Foodora) che, come ha dimostrato la sentenza della Corte d’Appello di Torino per il caso Foodora, rivendicano ora i propri diritti ad un’equa retribuzione, apparentemente mancata in questi primi anni di cibo in pronta e comoda consegna.

foodora

Ricapitoliamo brevemente la vicenda

Ad aprile i fattorini di Foodora si erano rivolti al Tribunale del lavoro di Torino, lamentando l’improvvisa cessazione del rapporto di lavoro da parte di Foodora . I fattorini, in particolare, chiedevano al Tribunale di (1) accertare la costituzione tra le parti di un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato  e pertanto l’illegittimità dell’interruzione del rapporto di lavoro con conseguente ripristino dello stesso; (2) il pagamento delle retribuzione maturate dalla data del licenziamento (30.11.2016) a quella dell’effettiva ricostituzione; (3 ) il risarcimento del danno subito per la violazione da parte del datore di lavoro della normativa in materia di privacy e accesso dei dati personali; (4) il risarcimento del danno subito per la violazione da parte del datore di lavoro delle disposizioni di cui all’art.2087 c.c. e per la mancanza di un’adeguata tutela antinfortunistica.

Il giudice di primo grado respingeva tutte le domande proposte e compensava le spese di lite.

I fattorini di Foodora non si sono arresi e hanno proprosto ricorso alla Corte d’Appello di Torino

I fattorini di Foodora  hanno impugnato la sentenza del Tribunale chiedendo la riforma totale o parziale della stessa e l’accoglimento delle domande già avanzate in primo grado.

Respinta la domanda principale dei riders

La Corte d’appello, ha approfondito le condizioni lavorative dei rider, sottolineando che

  • i rapporti di lavoro oggetto di causa hanno avuto una durata compresa tra i sei e gli undici mesi;
  • mancava il requisito dell’obbligatorietà della prestazione (erano i fattorini stessi che decidevano se e quando lavorare, senza dover giustificare la loro decisione e senza dover cercare un loro sostituto in caso di assenza;
  • la società Foodora poteva disporre della prestazione lavorativa degli appellanti solo se questi decidevano di candidarsi a svolgere l’attività nelle fasce orarie (slot) stabilite. È vero che si trattava di slot predeterminati dalla società ma è anche vero che la stessa non aveva il potere di imporre ai riders di lavorare nei turni in questione o di non revocare la disponibilità data, a dimostrazione della insussistenza del vincolo della subordinazione.

Alla luce di questi elementi, ha ritenuto, comunque, di rigettare la domanda principale dei fattorini (relativa all’accertamento della costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato) non essendosi istaurato alcun rapporto di lavoro subordinato con Foodora.

La corte, però, tenendo conto delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa dei ricorrenti, accoglieva la domanda relativa al pagamento di differenze retributive.

Secondo la Corte, l’articolo 2 del D.Lgs. 81/2015 (citato dal Tribunale) individua un terzo genere di rapporto, che si viene a porre tra il rapporto di lavoro subordinato e la collaborazione, per garantire una maggiore tutela alle nuove fattispecie di lavoro (come, appunto, quella dei riders di Foodora) che, a seguito della evoluzione e della relativa introduzione sempre più accelerata delle recenti tecnologie, si stanno sviluppando.

I fattorini, infatti, lavoravano sulla base di una “turnistica” stabilita da Foodora, erano determinate dalla committente le zone di partenza, venivano comunicati loro tramite app gli indirizzi cui di volta in volta effettuare la consegna (con relativa conferma), i tempi di consegna erano predeterminati (30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo).

Indubbiamente le modalità di esecuzione erano organizzate da Foodora quanto ai tempi e ai luoghi di lavoro. Inoltre, gli appellanti avevano sottoscritto dei contratti di collaborazione nei quali era prevista una durata di alcuni mesi e avevano svolto attività per la società appellata in via continuativa per quasi tutte le settimane in tale arco temporale.

I riders ottengono l’adeguamento ai contratti nazionali

La Corte ha quindi accolto la domanda degli appellanti volta al riconoscimento del loro diritto a ottenere il trattamento retributivo dei lavoratori dipendenti ma solo in riferimento ai giorni e alle ore di lavoro effettivamente prestate.

Per quanto attiene alla violazione di norme infortunistiche, i fattorini non imputano a Foodora alcun danno patrimoniale derivante dalla violazione di tali norme chiedendo il ristoro di un danno non patrimoniale non meglio precisato. Il danno non patrimoniale, anche nel caso di lesione di diritti inviolabili, quale il diritto alla libera manifestazione del pensiero va debitamente allegato e provato da chi lo invoca. La relativa domanda deve pertanto essere respinta.

Anche con riferimento alla domanda in merito al risarcimento del danno per violazione della normativa in materia di privacy e sui controlli a distanza, il Collegio non può che rilevare come i riders non abbiano dedotto né provato di avere subito un danno dall’asserito illegittimo utilizzo dei dati personali, limitandosi a chiedere un risarcimento. Come detto, un danno per essere risarcito deve essere allegato e provato, cosa che in questo caso non è avvenuta. Identiche considerazioni vanno fatte riguardo alla denunciata violazione della normativa sui controlli a distanza, con particolare riferimento alla geo-localizzazione tramite gli smartphone.

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