Giudizio di ottemperanza, illegittimita’ della procedura di aggiudicazione e destino del contratto

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 30 luglio 2008 n. 9 KPMG Advisory e Regione Molise / Engineering Sanita’ Enti Locali s.p.a.

Con il giudizio di ottemperanza si supera il problema del riparto delle giurisdizioni fra illegittimita’ della procedura di aggiudicazione e destino del contratto?

La Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza del 30 luglio 2008 n. 9, emessa nel giudizio Kpmg Advisory s.p.a. e Regione Molise contro Engineering Sanita’ Enti Locali s.p.a., investitane dalla V Sezione con la Ordinanza 28 marzo 2008, n. 1328, si esprime nuovamente sulla sorte del contratto di appalto allorché la procedura di aggiudicazione sia risultata e sia stata giudicata illegittima.
La Adunanza Plenaria affronta il problema del riparto delle giurisdizioni tra Giudice Amministrativo e Giudice Ordinario, e solo successivamente si esprime nel merito.

Viene, dunque, affermato che non si può contrastare l’’indirizzo, ormai fissato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in più di un’’occasione, anche recente, circa la appartenenza alla giurisdizione del Giudice Ordinario della cognizione avente ad oggetto il contratto di appalto stipulato a seguito di una procedura di aggiudicazione che, nel suo svolgimento e nel suo esito, è risultata illegittima, specificando, tuttavia, che siffatta confermata e dichiaratamente condivisa attribuzione giurisdizionale attiene unicamente alle pronunzie suscettibili di assumere la forza del giudicato.
Con tale “accorgimento”, la portata dell’’anzidetto indirizzo giurisprudenziale viene, in qualche modo, fortemente “aggirata” attraverso – appunto – il riferimento alle sole decisioni idonee a produrre la “cosa giudicata”.

Non è la prima volta che la Adunanza Plenaria, intendendo pronunziarsi su questioni di ampia portata, con pronunzie capaci di porsi in termini innovativi rispetto alla “communis opinio”, ovvero rispetto a orientamenti in qualche modo consolidati, attende la stagione feriale (30 luglio) per rendere note le proprie decisioni, presumibilmente con la intenzione di consentire la più ponderata apertura di un meditato dibattito e il più chiaro delinearsi delle opinioni sia di condivisione che di critica.

La sentenza della Adunanza Plenaria prosegue lungo la via in qualche modo aperta dalla sentenza del T.A.R. Lombardia (Sezione I n. 1370/2008, addì 8 maggio 2008, emessa sul ricorso Alessio s.p.a. / Comune di Magenta / Gemeaz Cusin Rstorazione s.r.l.), con la quale, pur riconoscendosi al Giudice Ordinario la giurisdizione sul destino di un contratto di appalto posto in essere con un aggiudicatario come tale illegittimo per illegittimità della procedura di affidamento, è stato deciso che non potevasi ignorare l’esigenza della “effettività” della tutela giurisdizionale, vale a dire della necessità di assicurare, o anche solo di favorire, il conseguimento del “bene della vita” da parte del ricorrente vittorioso che ha ottenuto la declaratoria di illegittimità della aggiudicazione ad altro soggetto con lui concorrente, con particolare insistenza sulla evoluzione in corso del giudizio amministrativo da “giudizio sull’atto” a “giudizio sul rapporto” e sui principi generali del “giusto processo” che non si conciliano con il pesantissimo onere di affrontare (“doppia tutela”) entrambe le giurisdizioni per ottenere il risultato sostanziale che il soccombente in gara si propone di conseguire dopo aver ottenuto la declaratoria di illegittimità di quella gara.

Il T.A.R. Lombardia, aveva, quindi, affermato che è consentito al Giudice Amministrativo esprimersi, “incidenter tantum” e senza attitudine a produrre cosa giudicata, sulla necessità che l’’appalto sia affidato al ricorrente vittorioso, in tal modo “forzando”, con una efficace e pregnante “moral suasion”, la amministrazione committente ad adottare provvedimenti conseguenti e coerenti all’annullamento della procedura, vuoi in termini di pura e semplice sostituzione dell’appaltatore, vuoi anche attraverso l’annullamento d’ufficio, in sede di autotutela, della gara riconosciuta illegittima e la sua reindizione ex novo.

L’’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, si spinge più in là, e, pur ammettendo esplicitamente la appartenenza del potere giurisdizionale di cognizione sul contratto al Giudice Ordinario, intende limitarlo alle pronunce decisorie suscettibili di produrre la cosa giudicata, laddove il Giudice Amministrativo, in sede di giudizio di ottemperanza conseguente alla pronunzia di annullamento della procedura, si afferma che possa disporre addirittura, direttamente ovvero con lo strumento della nomina di un commissario ad acta, la aggiudicazione “sostitutiva” a favore di chi ha potuto validamente dimostrare che la precedente aggiudicazione ad altri era illegittima.

La Adunanza Plenaria, muove dalla constatazione che “l’’esclusione dal giudizio amministrativo delle questioni relative alla validità e all’’efficacia del contratto determinerebbe anche l’’inaccettabile conseguenza di costringere il ricorrente ad un defatigante iter giurisdizionale”, e conclude, cosi, che, nel giudizio di ottemperanza, (nel quale si afferma che il Giudice Amministrativo ha giurisdizione di merito), può riconoscersi, a favore del ricorrente vittorioso, un risarcimento del danno ingiusto nella “forma della reintegrazione in forma specifica”, attraverso la aggiudicazione o la assegnazione sostitutive della commessa oggetto dell’’appalto, in quanto (espressamente) “la funzione del Giudice dell’ottemperanza è proprio quella di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto nascente dal giudicato – lo annullamento della procedura –nell’’esercizio della potestà di riformare l’atto illegittimo o sostituirlo, espressamente conferitagli dall’art. 26 della legge n. 1334 del 1971.

Non sfugge ad alcuno che, in tal modo, viene completamente aggirata ed elusa in concreto la regola, più volte sancita e ribadita dalle SS.UU. Corte di Cassazione, circa l’’esclusiva appartenenza al solo Giudice Ordinario della giurisdizione sul contratto comunque concluso. Se in sede di ottemperanza può ottenersi la aggiudicazione sostitutiva, una sentenza del G.O. che si pronunzi sul destino del contratto risulta senz’altro “inutile”.
Viene superato anche il severo limite di ripartizione delle giurisdizioni posto dalla ben nota sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004.

La Adunanza Plenaria si sottrae, infatti, dal prendere posizione sulla irrisolta disputa circa la nullità, l’’annullabilità, la inefficacia sopravvenuta o la “caducazione automatica” del contratto concluso con un aggiudicatario illegittimamente tale, in quanto la assenza di una giurisdizione cognitoria con effetti di giudicato in capo al Giudice Amministrativo la dispensa dall’esprimersi su questa questione strettamente dogmatica.
A tenore della decisione della Adunanza Plenaria, peraltro, non è più necessario porsi il problema della giurisdizione, restando solo rilevante la circostanza di fatto che il giudizio di ottemperanza avvenga allorché l’’appalto non sia stato ancora interamente eseguito, e la sentenza qui commentata ha cura di precisare che la aggiudicazione o la assegnazione sostitutive, configurabili come “reintegrazione in forma specifica”, possono essere “anche parziali”.

Non può sfuggire la portata, davvero dirompente, di tale decisione della A.P., non solo in termini pratici e concreti (effettività e conseguimento reale del “bene della vita”), ma anche per le implicazioni sistematiche che ne derivano sul terreno della distinzione, mai sufficientemente approfondita, fra “effetto conformativo” delle sentenze amministrative di annullamento e reintegrazione in forma specifica del danno ingiusto e, persino, sui riflessi riguardanti il problema, anch’esso tuttora dibattuto, della “pregiudiziale amministrativa”.
Si giustificano talune perplessità da parte di chi ritiene che il giudizio di ottemperanza attenga unicamente alla necessità di assicurare l’effetto conformativo, laddove il risarcimento del danno ingiusto, sia nella forma specifica, che nella forma dell’equivalente, è stato ripetutamente giudicato materia sì del giudice amministrativo, ma non proponibile per la prima volta in sede di ottemperanza.
Se si assistesse al consolidarsi di una giurisprudenza conforme alla decisione della Adunanza Plenaria, si porrebbe, per le Pubbliche Amministrazioni stazioni appaltanti, una vera e propria alternativa: contrastare la ammissibilità del giudizio di ottemperanza adducendo la eccezione che il risarcimento del danno non può essere richiesta per la prima volta in quella sede, ovvero sottomettervisi ritenendo preferibile un affidamento contrattuale sostitutivo rispetto all’onere finanziario di un risarcimento del danno “per equivalente” che comporta un onere finanziario ulteriore rispetto all’obbligo di riconoscere il corrispettivo all’appaltatore originario.
Inoltre, sempre nell’’ottica della disconosciuta possibilità di proporre la domanda risarcitoria per la prima volta in sede di ottemperanza, occorrerà di volta in volta verificare se il risarcimento del danno è stato chiesto dal ricorrente nel giudizio di legittimità concernente la procedura di affidamento, perché, in tal caso, il Giudice di Primo Grado si è necessariamente pronunciato, vuoi negando il diritto al risarcimento (ad esempio, per assenza di “colpa” della P.A.), vuoi riconoscendo un risarcimento “per equivalente” in termini monetari, dovendosi ancora una volta ribadire che nessun risarcimento può essere richiesto per la prima volta in sede di ottemperanza, in occasione della quale la P.A. ha, dunque, a disposizione eccezioni palesemente fondate.

Sul terreno della pregiudiziale amministrativa, poi, sembra trattarsi di una implicita conferma della sussistenza di essa, dal momento che non è neppure concepibile un giudizio di ottemperanza in assenza di una precedente, irrevocabile o esecutiva, decisone giurisdizionale di annullamento, per cui non sembra possibile ricollegare un qualsiasi risarcimento – meno che mai in forma specifica – in assenza di quest’ultima.
Trattandosi di una decisione della Adunanza Plenaria, non è pensabile che possano esservi iniziative di contestazione giudiziale intese a … invertire la rotta, ma potrebbe esservi una impugnazione dinanzi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ex art. 111, comma 8°, della Costituzione, dal momento che sarebbe difficile negare che la Adunanza Plenaria, pur prestando formale ossequio al riaffermato e consolidato riparto fra le due giurisdizioni (procedura di affidamento e contratto), ha – nella sostanza – “recuperato” una giurisdizione del Giudice Amministrativo, sia pure solo in sede di ottemperanza, sfidando i “limiti esterni” della giurisdizione che gli appartiene. Si tratta di un ulteriore possibilità di difesa da parte della stazione appaltante.

Deve, dunque, considerarsi riaperto un contrasto fra le due giurisdizioni che pareva un qualche modo sopito (sia pure, ad avviso di chi scrive con una soluzione nient’affatto condivisibile), con il sicuro avvio di un’inevitabile dibattito, a conclusione del quale solo il futuro dirà come tale contrasto potrà nuovamente comporsi.
Ancora una volta l’operatore giuridico, la PP.AA. e le imprese e, in generale, il cittadino non potranno non auspicare un intervento chiarificatore da parte del legislatore che porti a compimento le riforme e le innovazioni implicite e non approfondite contenute nella legge n. 205/2000. Proprio in questi giorni, su un organo di stampa, un autorevole esponente della Associazione Nazionale dei Magistrati Amministrativi ha lamentato che nel forte e concitato dibattito politico sulla divisata riforma della giustizia si ignori la problematica propria della giustizia amministrativa e si ometta di ricordare che vi era già stato un disegno di legge-delega per la emanazione di un vero e proprio “codice del processo amministrativo”, sul quale, nel succedersi delle legislature, è caduto il più totale disinteresse.
Vero è che la “timidezza …” dei redattori ” del Codice dei contratti pubblici” (“codice De Lise”), i quali non hanno voluto prendere posizione sul punto del destino e della efficacia del contratto di appalto stipulato a conclusione di una procedura di scelta del contraente risultata illegittima, ha mantenuto e, forse, addirittura accentuato la rilevanza negativa delle omissioni di un legislatore disattento.

Al di là di ciò, si conferma che giurisprudenza e dottrina dovranno finalmente affrontare il problema – –che, come si vede, non è soltanto teorico- di distinguere chiaramente fra “effetto conformativo” delle sentenze di annullamento, aventi indiscussa natura costitutiva, e decisioni sul diritto al risarcimento del danno ingiusto, la cui natura può dirsi dichiarativa, con la conseguenza che il giudizio di ottemperanza dovrebbe restare limitato ad assicurare il prodursi dell’effetto conformativo e non invadere il campo del risarcimento, né nell’’ipotesi di ristoro per “equivalente”, né –meno che mai – nell’’ipotesi della “forma specifica” che comporterebbe una ulteriore “aggiuntiva” pronunzia di carattere costitutivo, peraltro emessa in una sede impropria.

Articolo pubblicato su:
I contratti dello Stato e degli Enti Pubblici, Rivista trimestrale di dottrina giurisprudenza n. 4/2008 pag. 426

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