Indennità di licenziamento più alta per il lavoratore separato con un figlio

La Cassazione ha ritenuto corretto disporre un’indennità di licenziamento più alta a favore del dipendente separato con un figlio, ritenendo necessario considerare le condizioni personali dei singoli lavoratori, a prescindere dall’anzianità di servizio.

Indennità di licenziamento più alta per il lavoratore separato con un figlio

I primi gradi di giudizio

Un lavoratore decide di agire in giudizio contestando il licenziamento della s.r.l. sua datrice di lavoro: in primo grado il Tribunale di Frosinone accoglie in parte l’opposizione dichiarando inefficace il licenziamento e condannando la datrice a pagare un’indennità di licenziamento pari a 20 mensilità dell’ultima retribuzione, pronunciando la risoluzione del rapporto di lavoro. La datrice propone ricorso in Appello sostenendo l’eccessività dell’indennità di licenziamento riconosciuta al lavoratore.

 “La Corte distrettuale osserva che il giudice di prime cure, nel liquidare l’indennità litigiosa, ha tenuto conto dell’anzianità di servizio del lavoratore (dieci anni), delle dimensioni dell’azienda oltre che delle condizioni personali delle parti, in particolare la condizione di separato con un figlio del lavoratore. Non si può quindi ritenere fondato il rilievo della società reclamante relativo all’ammontare dell’indennità liquidata ad altri dipendenti con la stessa o maggiore anzianità, giacché le valutazioni del giudice di prime cure ha riguardato più aspetti tra loro non assimilabili.” Per questo motivo la corte d’Appello di Roma rigetta il ricorso confermando la sentenza di primo grado e le 20 mensilità dovute al lavoratore.

Il ricorso in Cassazione per l’eccessiva indennità di licenziamento per il padre separato

Con ricorso in Cassazione, la datrice sostiene che la decisione di secondo grado non indica le ragioni che portano i giudici a condividere la sentenza di primo grado, non indicando neanche perché l’indennità di licenziamento per il padre separato con un figlio dovrebbe essere più alta rispetto ad alcuni suoi colleghi con maggiore anzianità di servizio e carichi familiari.

La decisione della Cassazione

Con sentenza n. 7701/2020, i giudici di legittimità rigettano il ricorso ritenendolo inammissibile. In primo luogo perché non vi è un vizio di mancanza radicale di motivazione, non essendo possibile (ai sensi dell’art. 360 c.5 c.p.c.) censurare la correttezza logica del percorso argomentativo dei giudici di secondo grado, essendo la stessa motivazione ben comprensibile. In secondo luogo la Cassazione ritiene che la Corte d’Appello abbia  correttamente spiegato il perché del rigetto dei motivi di reclamo formulati dalla ricorrente, confermando poi la sentenza di primo grado.

È dunque necessario, nel momento in cui il datore commina l’indennità di licenziamento, valutare la condizione personale del singolo lavoratore: in questo caso, essendo il licenziato separato e con un figlio, la datrice di lavoro doveva stabilire un’indennità di licenziamento  più alta rispetto a quella proposta.

studio legale zambonin

Per una consulenza legale: info@iltuolegale.it – 02 94088188

Non si effettua consulenza legale gratuita.

È assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore. In caso di citazione è necessario riportare la fonte del materiale citato