Insulti su Facebook: con un “vaffa…” rischi di pagare 2mila euro

Insulti su Facebook, la Cassazione ha disposto 2mila euro di risarcimento del danno morale per un “vaffa…” scritto sul social network.

Insulti su Facebook: con un “Ma vaffa..” rischi di pagare 2mila euro

Gli insulti su Facebook

Il 28 maggio 2018 l’attore pubblica sul proprio profilo Facebook una lettera aperta al Presidente Mattarella, nella quale esprime giudizi apertamente negativi all’operato del Presidente della Repubblica scatenando tra gli utenti del social network le più disparate reazioni. Tra i vari commenti c’è quello dell’attuale ricorrente, che testualmente cita: “Ma vaffa… Tu non sei nemmeno degno di leccare i piedi a Mattarella”.

La richiesta di risarcimento per gli insulti su Facebook e la contestazione del convenuto

Letto l’offensivo commento, l’attore decide di rivolgersi al Tribunale di Roma chiedendo di essere risarcito del danno morale ed alla reputazione cagionatogli dalla pubblicazione di tali espressioni, che egli qualifica come diffamatorie sul piano personale e professionale, nonché apertamente minacciose (in ragione della qualità di appartenente all’Arma dei Carabinieri rivestita dal convenuto).

Il ricorrente si è costituito in giudizio affermando la legittimità della propria reazione a fronte della esternazione dell’attore,  da lui reputata altamente lesiva del prestigio del Capo dello Stato.

L’analisi della Cassazione: libertà di opinione e manifestazione del pensiero?

Il messaggio dell’attore

Secondo la Cassazione il commento che esprime disistima – a tratti disprezzo – con toni marcati da parte dell’attore, è costituito da affermazioni di natura politica, tutte oggetto di argomentazione, prive di volgarità, linguaggio violento o istigazione alla violenza.

Il messaggio del convenuto

Il messaggio del convenuto è invece violento e aggressivo: nelle sue difese il Carabiniere sembra evocare a giustificazione della propria non composta reazione il contesto provocatorio che lo ha spinto ad intervenire, ma la Corte sottolinea che: “l’esimente della provocazione può intervenire in presenza di offese recate a soggetti diversi dall’autore del fatto ingiusto, solo laddove la vittima dell’offesa sia legata al provocatore da un rapporto che renda plausibile la reazione nei suoi confronti; è quindi necessaria, se non una compartecipazione della vittima nel fatto provocatorio, almeno la sussistenza di rapporti giuridicamente o moralmente apprezzabili tra il provocatore e la vittima stessa, così che sussista un nesso causale apprezzabile tra il fatto del provocatore, i rapporti tra costui e il terzo e la reazione dell’agente nei confronti di quest’ultimo (v. Cass. pen. N. 37950/17)”.

La volgarità in questione (il “vaffa…”) per quanto sdoganata da un utilizzo diffuso, conserva infatti una valenza obiettivamente denigratoria, quantomeno se utilizzata in risposta ad affermazioni di tutt’altro tenore linguistico e al di fuori di contesti giocosi o di veri e propri scontri verbali.

La decisione della Cassazione

Pur dovendosi affermare che il convenuto si è reso autore di una offesa che ha travalicato i confini della libertà di manifestazione del pensiero, si deve concludere che il danno in concreto patito dall’offeso abbia varcato appena quella soglia minima di rilevanza (o se si vuole di tolleranza) oltre la quale il pregiudizio diviene risarcibile. È del tutto inverosimile, infatti, che il ricorrente abbia subito una qualunque flessione della considerazione di cui gode nel mondo accademico o dell’avvocatura a causa dell’uscita del convenuto, come pure è implausibile che ad una offesa simile possa aver fatto seguito una rilevante sofferenza in capo ad una vittima che vanta un curriculum personale e professionale di rilievo quale è quello esposto e documentato dall’attore.

Risarciti 2mila euro per il danno morale

Secondo i giudici di legittimità, quindi, “l’unico pregiudizio che può logicamente ricondursi agli accadimenti appena descritti è il momentaneo disagio che consegue al vedersi rivolgere una parola scorretta, disagio che si ritiene adeguatamente ristorato dall’attribuzione della somma di € 2.000,00 (duemila), comprensiva anche degli interessi compensativi medio tempore maturati e del danno da ritardo.”

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