La violazione dell’’obbligo di fedeltà

L’art. 151 c.c. afferma che: “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole.
Il Giudice, pronunziando la separazione dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio
”.
Nella disciplina vigente, la dichiarazione di addebito può essere pronunciata dal giudice “se richiesto” e se “ricorrono le circostanze dell’addebito”.
Presupposto della dichiarazione di addebito è un comportamento cosciente e volontario contrario ai doveri che derivino dal matrimonio (ex art. 143 c.c. obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione).
Secondo giurisprudenza costante della Suprema Corte, la dichiarazione di addebito della separazione richiede la prova che l’ irreversibilità della crisi coniugale sia collegabile al comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi sussistendo un nesso di causalità fra di esso e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza (tra le altre Cass. Civile 27 Giugno 2006 n. 14840; Cass. Civile 11 Giugno 2005 n. 12383).
Secondo i Giudici la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, ma è invece necessario accertare se tale violazione non sia intervenuta quando già si era maturata ed in conseguenza di una situazione di intollerabilità della convivenza (tra le altre Cass. Civile 28 Aprile 2006 n. 9877).
Di recente i Giudici della Suprema Corte si sono pronunciati sul tema della violazione dell’obbligo di fedeltà ed hanno affermato che “rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a determinare l’addebito della separazione a carico del coniuge responsabile” ma “fermo restando che deve sussistere il nesso di causalità fra l’infedeltà e la crisi coniugale, il quale viene meno ove preesista una crisi già irrimediabilmente in atto” (Cass.Civile 23 Maggio 2008, n.13431).
Sempre sul tema i Giudici hanno statuito che “l’obbligo della fedeltà è da intendere non soltanto come astensione da relazioni extraconiugali, ma quale impegno, ricadente su ciascun coniugo, di non tradire la reciproca fiducia ovvero di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi, che dura quanto dura il matrimonio. La nozione di fedeltà va avvicinata a quella di lealtà la quale impone di sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune. In questo quadro l’infedeltà affettiva diventa componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda”. Costoro ribadiscono il pensiero della giurisprudenza della Corte ed affermano “il Giudice non può fondare la pronuncia di addebito sulla mera inosservanza dei doveri di cui all’art. 143 c.c. dovendo, per converso, verificare l’effettiva incidenza delle relative violazioni nel determinarsi della situazione di intollerabilità della convivenza.
A tale regola non si sottrae l’infedeltà di un coniuge la quale, pur rappresentando una violazione particolarmente grave, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, può essere rilevante ai fini dell’addebitabilità della separazione soltanto quando sia stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale e non anche, pertanto, qualora risulti non aver spiegato concreta incidenza negativa sull’unità familiare e sulla prosecuzione della convivenza medesima: come avviene allorquando il giudice accerti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto perchè autonoma ed indipendente dalla successiva violazione del dovere di fedeltà
” (Cass. Civile 11 Giugno 2008 n.15557).
Pertanto dalle pronunce della Corte Suprema si evince che affinché la violazione di uno degli obblighi nascenti dal matrimonio possa condurre il giudice ad addebitare la separazione al coniuge trasgressore è necessario che alla violazione sia riconducibile la crisi dell’unione.
Nel caso in cui non si riesca a dimostrare che la violazione degli obblighi nascenti dal matrimonio sia stata la causa (unica o prevalente) della separazione, in quanto ad essa preesisteva una diversa causa di intollerabilità della convivenza, il giudice dovrà pronunciare la separazione senza addebito.

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