Quando la privacy incontra la reputazione: l’analisi legale del caso Andy Byron

L’episodio che ha coinvolto Andy Byron, CEO della società tecnologica Astronomer, ripreso durante un concerto in atteggiamenti intimi con una collega ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica e sollevato una serie di riflessioni non solo etiche, ma anche giuridiche.

Il video, mostrato sul maxischermo del Gillette Stadium e poi diffusosi viralmente online, ha avuto ripercussioni personali e professionali: l’azienda ha avviato un’indagine interna e sospeso i due dirigenti, mentre la moglie di Byron ha rimosso ogni riferimento pubblico al cognome del marito.

Al di là della curiosità mediatica, il caso offre spunti per una riflessione giuridica su tre piani distinti: diritto alla privacy, responsabilità aziendale e tutela dell’immagine familiare.

Privacy in ambito pubblico: è sempre garantita?

La scena si è svolta in un contesto pubblico: un concerto in uno stadio, dove è prassi comune l’uso di “kiss cam” e riprese destinate alla visione collettiva. In tali casi, negli Stati Uniti, il principio del consenso implicito – accettato attraverso l’acquisto del biglietto e l’accesso all’evento – giustifica la ripresa e la trasmissione temporanea dell’immagine sullo schermo dello stadio.

Il problema nasce nel momento successivo, quando il video – estratto, decontestualizzato e caricato su piattaforme digitali – viene associato a nomi, ruoli aziendali, relazioni personali. Qui la diffusione esce dal perimetro dell’evento e diventa una forma di esposizione pubblica e identificabile, con possibili implicazioni lesive della privacy e dell’identità personale.

Sebbene la normativa statunitense (diversa da Stato a Stato) sia generalmente meno restrittiva rispetto alla tutela della riservatezza rispetto al GDPR europeo, casi come questo possono comunque configurare una violazione della sfera privata, soprattutto se l’identificazione è spinta da commenti offensivi o speculazioni personali.

Responsabilità aziendale e obblighi fiduciari del CEO

Il secondo profilo riguarda la posizione dirigenziale di Byron. In quanto CEO, egli riveste un ruolo di fiducia strategica non solo verso il consiglio di amministrazione e gli azionisti, ma anche verso i dipendenti e l’opinione pubblica. Le società, specie in ambito tecnologico e finanziario, adottano codici etici e regolamenti interni che disciplinano i comportamenti extra-lavorativi laddove possano compromettere l’immagine dell’azienda.

Un comportamento – anche se avvenuto fuori dall’orario di lavoro – può giustificare provvedimenti disciplinari se mina la reputazione aziendale, comporta conflitti di interesse (ad esempio, in caso di relazioni non dichiarate tra colleghi in posizione gerarchica) o altera il clima interno. L’indagine interna avviata da Astronomer risponde esattamente a questa logica.

Diritti della moglie e esposizione familiare

La moglie di Byron non è parte dell’azienda, né è apparsa nel video. Tuttavia, la diffusione virale ha coinvolto il suo nome, la sua immagine familiare e, in parte, la sua vita professionale.

La legge tutela anche i soggetti non direttamente coinvolti in un contenuto virale, se la loro esposizione avviene in modo non consensuale e con possibili ricadute dannose sulla reputazione o sulla salute psico-emotiva. In tali casi, negli Stati Uniti è possibile agire civilmente per danni morali o chiedere la rimozione dei contenuti alle piattaforme, invocando la violazione della riservatezza familiare.

Se il fatto fosse accaduto in Italia

In Italia, la questione sarebbe stata analizzata con maggiore attenzione sotto il profilo della tutela della privacy e dell’onore, grazie al Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR) e all’art. 2 della Costituzione.

La ripresa sul jumbotron di uno stadio potrebbe rientrare tra i cosiddetti “trattamenti leciti” se previsto da regolamento e segnalato all’ingresso. Tuttavia, la successiva diffusione del video online, con identificazione e associazione a relazioni personali e ruoli aziendali, potrebbe configurare una violazione del diritto alla riservatezza e aprire la strada a:

– una richiesta di rimozione dei contenuti ai sensi dell’art. 17 GDPR (diritto all’oblio);

– una diffida o querela per diffamazione, se il contenuto è lesivo della reputazione;

– una domanda di risarcimento danni morali, anche da parte del coniuge, se dimostrabile la lesione della sfera familiare.

Per quanto riguarda il contesto aziendale, un comportamento del genere – se contrario al codice etico interno o tale da ledere l’immagine dell’impresa – potrebbe portare a provvedimenti disciplinari fino al licenziamento per giusta causa, ex art. 2119 c.c., specie se accompagnato da relazioni non dichiarate tra dirigenti.

Limiti della sfera privata-pubblica

Il caso di Andy Byron dimostra come la linea di confine tra sfera privata e vita pubblica sia oggi sempre più sottile, e come anche un episodio apparentemente “banale” possa innescare effetti giuridici complessi.

La legge non punisce l’infedeltà in sé, ma tutela la dignità delle persone, la reputazione professionale e il diritto alla riservatezza. I manager, in particolare, devono essere consapevoli che la responsabilità di ruolo non si limita all’ufficio, ma si estende al modo in cui si rappresentano anche al di fuori.

Un evento pubblico non è mai del tutto privato, soprattutto nell’era digitale. E per questo, oggi più che mai, è fondamentale saper distinguere ciò che è lecito da ciò che è opportuno.

studio legale zambonin

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