Sesso con persona ubriaca: violenza sessuale

Cosa succede se si ha un rapporto sessuale con una persona che ha bevuto troppo?

La risposta è netta: se quella persona non è in grado di esprimere un consenso libero e consapevole, si configura il reato di violenza sessuale per induzione. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 31847 del 24 settembre 2025, tracciando una linea chiara e invalicabile: non esistono zone grigie sul consenso.

In questo articolo spieghiamo in modo semplice cosa dice la legge, quali sono le conseguenze concrete per chi si comporta in modo scorretto e come riconoscere i limiti da non superare mai. Perché conoscere le regole è il primo passo per rispettare le persone e proteggere sé stessi.

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Cos’è la violenza sessuale per induzione

Quando si parla di violenza sessuale, si pensa subito a minacce o forza fisica. Ma il nostro ordinamento prevede una forma meno visibile ma altrettanto grave: la violenza sessuale per induzione.

Lo dice l’art. 609-bis del Codice Penale: si commette reato anche quando si approfitta delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della vittima per indurla a subire atti sessuali.

Cosa significa in concreto? Che se una persona è in stato di forte alterazione (ad esempio perché ha bevuto troppo), e non è in grado di valutare lucidamente la situazione o di esprimere un rifiuto efficace, non sta dando un vero consenso. Chi ne approfitta, anche senza usare violenza fisica, sta commettendo un reato.

Il caso concreto: l’episodio in analisi

La sentenza della Cassazione prende le mosse da un episodio realmente accaduto. Un giovane incontra una ragazza in discoteca. Lei è chiaramente ubriaca. Lui, invece di aiutarla o chiamare qualcuno, la trascina in una stanza d’albergo e ha con lei un rapporto sessuale.

Durante il processo, la difesa ha sostenuto che non ci fosse stata costrizione, quindi niente reato. Ma i giudici sono stati chiari: trascinare a braccia una persona ubriaca è prova evidente della sua incapacità di decidere, e anche della piena consapevolezza dell’uomo sullo stato della ragazza.

La Cassazione ha confermato la condanna e ha ribadito un concetto importante: il consenso non è valido se la persona è troppo alterata per esprimerlo liberamente. Non conta se si era già avuto un rapporto in passato, né se la persona dice un “sì” poco convinto. Se c’è vulnerabilità e se ne approfitta, si tratta di violenza sessuale.

Quando l’ubriachezza diventa un elemento centrale

L’elemento decisivo è l’abuso consapevole di una condizione di fragilità. Non è necessario che l’aggressore abbia fatto bere la vittima: basta che se ne sia accorto e abbia scelto di sfruttare quella condizione.

Facciamo un esempio semplice: se una persona non riesce a reggersi in piedi, parla a fatica, ha lo sguardo perso, eppure si tenta un approccio sessuale, quella non è libertà di scelta, è manipolazione.

Il reato si configura anche se la persona non è svenuta, ma ha perso la lucidità necessaria per prendere decisioni intime. Chi agisce in queste condizioni non può invocare l’ignoranza o l’errore di valutazione.

Cosa NON costituisce una giustificazione valida

Vediamo ora alcuni equivoci molto comuni che la legge ha già chiarito:

  • “Ma aveva detto sì!” – Se il sì è stato dato in stato di alterazione, non ha valore.
  • “Abbiamo già avuto rapporti in passato” – Il consenso deve essere sempre attuale, ogni volta.
  • “Non si è opposta” – Il silenzio, in certi stati psicofisici, non è consenso.
  • “Siamo fidanzati o sposati” – Anche all’interno di una relazione, il rispetto del consenso è sempre obbligatorio.

Quali sono le conseguenze legali per chi commette il reato

La legge è molto severa con chi viola questi principi. Secondo l’art. 380 del Codice di Procedura Penale, è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza per chi commette violenza sessuale e viene sorpreso sul fatto o nella sua immediatezza.

Le pene possono variare in base alla gravità del fatto, ma anche in presenza di attenuanti (per esempio, se l’episodio è isolato o meno invasivo), la condanna rimane pesante.

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