Sulla cointestazione di conto corrente

Con la cointestazione del conto corrente due o più persone (i c.d. titolari del conto) possono disporre del denaro che vi è depositato.

In presenza di una cointestazione di conto corrente è possibile pattuire che ciascuno dei contitolari sia legittimato a disporre autonomamente dell’intera provvista disponibile, quand’anche la stessa appartenga ad uno solo di essi (c.d. firma disgiunta) ovvero, che tutte le operazioni di disposizione delle somme depositate possano essere avviate solo dopo che tutti i cointestatari diano il consenso tramite apposizione della firma (c.d. firma congiunta).

Per pacifica giurisprudenza, la cointestazione di un conto corrente, attribuendo, ex art. 1854 c.c., agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi di conto sia nei confronti di terzi che nei rapporti interni, fa presumere, giusto il disposto dell’art. 1298, 2 comma, c.c., la contitolarità dell’oggetto del contratto, salva la diversa prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.

Ciò significa che la cointestazione del conto corrente fa presumere che le somme ivi depositate appartengono in egual misura ad entrambi i titolari del conto. In caso di controversia, spetterà a colui che vuol far valere una situazione giuridica diversa darne la prova dimostrando, ad esempio, che le somme ivi depositate sono di sua esclusiva proprietà.

Ed infatti:

in caso di deposito bancario di titoli in amministrazione cointestato ai coniugi, i rapporti interni tra i depositanti sono regolati dall’art. 1298, secondo comma, cod. civ., sicché le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente” (Cass. Civile n.4496/2010); ed ancora, nel conto corrente (bancario e di deposito titoli) intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti sono regolati non dall’art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dal secondo comma dell’art. 1298 cod. civ., in base al quale, in mancanza di prova contraria, le parti di ciascuno si presumono uguali, sicché ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, nei rapporti interni non può disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto” (Cass. Civile n.26991/2013).

Pertanto, nel caso in cui sorga una discussione tra i cointestatari, sarà colui il quale contesta la quota attribuita all’altra parte a dover dimostrare una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa e tale prova contraria potrà essere data con ogni mezzo, ivi comprese le presunzioni, purchè gravi, precise e concordanti.

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