Vale come prova la registrazione nascosta della conversazione avvocato-cliente

Il cliente può utilizzare come prova a processo una registrazione effettuata di nascosto durante un colloquio con il proprio avvocato? Per gli Ermellini la risposta è sì, a patto che il contenuto privato della conversazione non venga diffuso.

Microphone Symbol on Smart Phone. Voice Recording App. 3D illustration.

La Cassazione specifica che in ambito penale la registrazione della conversazione non sia da intendersi quale intercettazione, essendo pertanto valida come prova documentale. In campo civile è considerata una riproduzione meccanica ex art. 2712 c.c. e quindi mezzo di prova ammissibile a processo, infine persino il Codice della Privacy consente l’utilizzo della registrazione della conversazione segretamente registrata dal cliente durante un colloquio con l’avvocato.

La ricostruzione dei fatti

Il caso è approdato in Cassazione su volontà dell’avvocato, principale protagonista della diatriba legale e accusato di aver violato il codice deontologico denigrando con il cliente un altro avvocato, suo ex collaboratore.

L’avvocato vuole ottenere una pronuncia che confermi l’impossibilità di utilizzare come prova nel processo le registrazioni effettuate a sua insaputa da parte di un cliente. Nell’arco dei minuti registrati il legale offendeva e sminuiva un altro avvocato, suo ex collaboratore, con espressioni del tipo “ho avuto la disavventura di un collaboratore che ha pensato di cercare di fare l’avvocato a spese mie”… “ è una vergogna, mi vergogno”… “checché ne voglia dire il testa di cazzo”… ecc. in tal modo il legale veniva meno al dovere di mantenere nei confronti di un collega un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.

L’avvocato contesta l’utilizzabilità probatoria della registrazione durante il processo, essendo essa relativa a dati personali oggetto di privacy e effettuata tra l’altro in violazione del diritto di difesa dello stesso professionista e del suo domicilio privato (lo studio legale dov’è stata registrata).

La registrazione nascosta del colloquio da parte del cliente non è intercettazione telefonica e vale come prova

Per la Cassazione in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati “il giudice ha il potere di valutare la convenienza a procedere all’esame di tutti o di parte dei testimoni ammessi e di revocare l’ordinanza ammissiva e di dichiarare chiusa la prova quando ritenga superflua la loro ulteriore assunzione perché in possesso, attraverso la valutazione delle risultanze acquisite, di elementi sufficienti a determinare l’accertamento completo dei fatti da giudicare.”

L’avvocato peraltro contesta le modalità di acquisizione del mezzo di prova senza però contestarne il contenuto. Gli Ermellini con sentenza 20384/2021 ricordano che “In ambito penale, il regime di riferimento in materia di registrazione tra presenti si è formato a partire dalla Cassazione penale 36747/03 secondo cui le intercettazioni regolate dagli art. 266 e seguenti del codice di procedura penale consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attutata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificarne le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato. Nel consegue che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l’autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo, salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione”.

In sostanza: il cliente che registra il colloquio con l’avvocato è legittimato ad utilizzare la registrazione come prova nel processo, gli è vietata invece la diffusione del contenuto della conversazione.

La registrazione nascosta è valida come prova anche nel processo civile

Inoltre, continua la Corte, “l’utilizzo processuale della registrazione non  è precluso dal Codice Privacy (d.lgs. 196/93) se si tratti di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il pericolo strettamente necessario al loro perseguimento”. La registrazione fonografica di un colloquio peraltro  rientra nelle “riproduzioni meccaniche” ex art. 2712 c.c., quindi ammissibile anche come mezzo di prova nel processo civile.

Per questi e altri motivi la Cassazione rigetta il ricorso avanzato dal legale, macchiatosi della colpa di non aver rispettato un collega infangando il suo nome davanti a un cliente.

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