WhatsApp alla guida? Si rischia il licenziamento

Cosa succede se un autista (dipendente), mentre guida un veicolo aziendale, fa un incidente dopo essersi distratto alla guida guardando WhatsApp? Secondo la Cassazione il questo caso il licenziamento da parte dell’azienda è legittimo. E non solo: la sua imperizia, proprio in virtù della mansione svolta, è ancor più grave.

Licenziato autista che usava WhatsApp alla guida

Il caso giunge in Cassazione quando l’autista di una società privata impugna il licenziamento del datore di lavoro dopo essersi reso responsabile di un tamponamento con colpa grave, essendosi distratto alla guida guardando la chat sul telefono.

Il lavoratore impugna la prima sentenza di condanna in secondo grado, dove viene nuovamente provata la giusta causa di licenziamento, confermando la sua responsabilità nell’incidente e per i danni che ne sono conseguiti al veicolo aziendale. In giudizio viene poi evidenziato come, in virtù della mansione lavorativa svolta dal ricorrente, l’azienda legittimamente si aspettava una perizia più elevata alla guida, motivo per cui l’errata condotta tenuta dal lavoratore ha danneggiato irrevocabilmente anche il rapporto fiduciario tra dipendente e lavoratore.

In Cassazione il dipendente contesta nuovamente il licenziamento, questa volta per motivi disciplinari, affermando di essere stato lasciato a casa per motivi discriminatori e sostenendo che il reale motivo del licenziamento fossero i suoi problemi di salute. Inoltre, viene contestata la decisione relativa alla tempestività del licenziamento, sostenendo essere avvenuta in circostanze contraddittorie.

La decisione della Cassazione

Analizzati i motivi di ricorso la Cassazione decide di rigettarlo, non accogliendo le richieste del lavoratore. Per quanto riguarda la nullità del licenziamento i giudici di legittimità ricordano che, nell’ipotesi in cui il lavoratore sostenga di essere stato licenziato per ritorsione, spetta a lui dimostrare l’illiceità del motivo del suo allontanamento. Per la Corte il licenziamento, nel caso concreto, è basato su una giusta causa accertata, essendo stati contestati al lavoratore addebiti specifici la cui gravità è tale da giustificare la fine del contratto di lavoro, mentre non vi sono le prove a sostegno della tesi di un licenziamento ritorsivo.

Inoltre, esaminando il secondo motivo di ricorso, per i giudici di legittimità la Corta ha seguito i principi relativi all’immediatezza della contestazione disciplinare e, nonostante il fatto che il procedimento disciplinare sia stato protratto nel tempo, ciò non ha compromesso il diritto di difesa del dipendente. La Cassazione, accertate le responsabilità del dipendente per i danni riportati dal veicolo aziendale che stava guidando in virtù della mansione di autista da lui svolta, ha riconosciuto non una semplice incuria ma una vera e propria giusta causa di licenziamento.

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