Blocco dei licenziamenti: quali rischi per i datori di lavoro incuranti del divieto?

Cosa rischia un datore di lavoro che licenzia un dipendente quando vige il blocco dei licenziamenti per decreto? Esaminiamo una recente sentenza.

blocco dei licenziamenti

Blocco dei licenziamenti: i decreti

Il divieto generalizzato di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (c.d. licenziamento per gmo) è stato introdotto dall’art. 46 del Decreto Cura Italia (D.L. n.18/2020) fino alla data del 17.05.2020. 

Il divieto, poi, è stato prorogato con il Decreto Rilancio (D.L. n.34/2020) fino alla data del 17.08.2020 e nuovamente prorogato con l’art. 14 del Decreto Rilancio II (D.L. n.104/2020).

Successivamente, l’art. 12 del D.L. n. 137/2020 ha procrastinato il divieto fino al 31.01.2021.  Infine, la Legge di Bilancio ha esteso il divieto di licenziamento per gmo a tutto il 31.03.2021.

Nonostante il blocco, però, vi sono stati dei datori di lavoro che, incuranti del divieto, hanno deciso di comminare la sanzione del licenziamento.

Il caso di Mantova

Proprio di uno di questi casi si è occupato il Tribunale di Mantova (sentenze n.112/2020).

Questi i fatti.

Una lavoratrice conveniva in giudizio il datore di lavoro esponendo di essere stata assunta con contratto di apprendistato professionalizzante con mansioni di aiuto commessa.

Precisava che nel mese di Marzo 2020 e fino alla fine del mese di Maggio veniva collocata in cassa integrazione in conseguenza della grave crisi pandemica generata dal virus Covid-19.

Riferiva, poi, di essere stata collocata in ferie per tutto il mese di Giugno e con lettera del 9.06.2020 il datore di lavoro le comunicava il licenziamento, con effetto dal 30.06.2020 per gmo, causa la chiusura della sede operativa ove svolgeva il lavoro e successiva cessazione dell’attività dell’azienda.

Il datore di lavoro non si costituiva in giudizio.

Veniva, quindi, accertato che la società datrice di lavoro non aveva cessato l’attività, aveva tenuto aperto il punto vendita ove prestava opera l’apprendista, oltre ad altri negozi dislocati in diverse province.

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La sentenza

Secondo il Giudice “dal carattere imperativo e di ordine pubblico della disciplina del blocco dei licenziamenti consegue la nullità dei licenziamenti adottati in contrasto con norme di Legge”, licenziamenti che sono puniti con la sanzione ripristinatoria, ex art.18, comma 1, Legge n.300/1970 e ex art. 2, D.Lgs n.23/2015.

Il Giudice, quindi, accoglieva il ricorso della lavoratrice e condannava il datore di lavoro a reintegrarla nel posto di lavoro precedentemente occupato e a corrisponderle la retribuzione dalla data del licenziamento a quello della riammissione in servizio, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, ferma restando la facoltà della lavoratrice di optare per l’indennità sostituiva della reintegra.

Forzare il blocco dei licenziamenti potrebbe, quindi, avere conseguenze importanti per i datori di lavoro.

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