Il tempo di vestizione e passaggio di consegne va retribuito

La Corte di Cassazione ha parlato: gli infermieri hanno diritto ad essere retribuiti per il tempo di vestizione e passaggio di consegne a inizio e fine turno.

Il tempo di vestizione e passaggio di consegne va retribuito

Il caso

La Corte d’Appello di Perugia ha rigettato la domanda dei ricorrenti, infermieri in un ospedale, che avevano domandato all’azienda ospedaliera il pagamento del compenso a titolo di indennità per lavoro subordinato per il tempo necessario alla vestizione e per il passaggio di consegne del personale del turno, pari a 15 minuti rispetto all’inizio del turno e 15 minuti rispetto alla fine, equivalente a mezz’ora giornaliera.

La Corte territoriale aveva confermato la sentenza del giudice di primo grado, che aveva rigettato la domanda relativa al riconoscimento dello straordinario, sostenendo che le prestazioni di lavoro subordinato per le quali si chiede il relativo compenso devono essere preventivamente autorizzate.

Sotto tale aspetto secondo i giudici gli appellati non avevano provato che il dirigente del servizio infermieristico o gli organi competenti dell’Ausl avevano concesso la necessaria autorizzazione, e che, al contrario, era emerso che nessun ordine in tal senso era stato diramato da parte dei superiori e che non esisteva, presso l’Ausl di riferimento, una regolamentazione dei tempi di “vestizione” del personale.

La decisione della Cassazione

Secondo la Cassazione, la Corte territoriale non avrebbe correttamente valutato il valore del “tempo divisa” nell’economia della prestazione degli infermieri, consistente in una modalità non ufficiale costante di anticipo e di ritardo rispetto all’orario ordinario finalizzata ad indossare e a dismettere la divisa fornita dall’ospedale.

La Corte inoltre richiama la direttiva CEE 23/11/93 n.93/104, nonché del D.Igs. 8 aprile 2003, n.66 che stabilisce che è da ritenersi “lavoro straordinario ogni attività prestata oltre il normale orario di lavoro, la messa a disposizione del dipendente fuori dall’ordinario tempo della prestazione va necessariamente retribuita; detto principio deve ritenersi applicabile a tutti i rapporti di lavoro, siano essi privati o alle dipendenze di una pubblica amministrazione, ed ogni norma contraria al principio dedotto deve ritenersi abrogata”.

I giudici di legittimità considerano anche che “l’appropriazione, da parte della struttura ospedaliera, del lavoro prestato oltre l’orario normale, avrebbe dovuto far ritenere lo stesso implicitamente autorizzato, atteso che, nella prassi i tempi per la vestizione e la svestizione sono dettati da un obbligo organizzativo scaturente da ragioni prettamente aziendali e non già dalla libera scelta dei dipendenti

La Corte accoglie il ricorso

In conclusione alla propria sentenza, la Corte ritiene che il giudizio debba proseguire e che i motivi proposti dai ricorrenti meritano di essere accolti. Inoltre, la Corte ricorda che la Cassazione aveva già deciso sull’oggetto della controversia, pronunciando il seguente principio di diritto: “In materia di orario di lavoro nell’ambito dell’attività infermieristica, nel silenzio della contrattazione collettiva (nella specie il c.c.n.l. comparto sanità pubblica del 7 aprile 1999), il tempo di vestizione-svestizione dà diritto alla retribuzione al di là del rapporto sinallagmatico, trattandosi di obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, riguardanti sia la gestione del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto” (Cass. n.12935 del 2018; Cass.27799 del 2017).

In definitiva, il ricorso va accolto: la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

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