Immagini postate su Facebook: licenziamento per giusta causa.

La condotta extralavorativa del lavoratore dipendente è suscettibile di rilievo disciplinare.

Il tema della rilevanza della condotta tenuta dal lavoratore nel suo tempo libero è stato oggetto dell’ordinanza del Tribunale di Bergamo del 24 Dicembre 2015: il datore di lavoro apprendeva dai colleghi di un proprio dipendente che quest’ultimo aveva postato sul proprio profilo Facebook una foto nella quale era ritratto insieme ad un’altra persona (il fratello) con un arma in pugno. Ritenuto che tale comportamento comportava il venir meno del vincolo fiduciario, il datore di lavoro contestava al dipendente l’addebito disciplinare e, ritenute inidonee le giustificazioni addotte dal lavoratore, gli intimava il licenziamento per giusta causa.

Il lavoratore ricorreva, quindi, al Tribunale per far dichiarare l’illegittimità del licenziamento comminato ma il Giudice adito respingeva il ricorso proposto dal lavoratore e confermava la legittimità del licenziamento sulla base di due argomentazioni ossia, in primis, che  “il comportamento di onorare e celebrare le armi è in assoluto contrario al nostro assetto costituzionale ed è tale da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro già in generale e assoluto” e, inoltre, che, in base ad alcuni elementi emersi nel corso dell’istruttoria, il lavoratore era consapevole del particolare contesto lavorativo e quindi dell’allarme che la foto con l’arma in pugno avrebbe suscitato (alcuni anni prima si era verificato nei locali dell’azienda un omicidio) e che tale comportamento era idoneo a compromettere il vincolo fiduciario con il datore di lavoro in modo irreversibile.

L’ordinanza è interessante perché, in via preliminare, affronta il problema dell’utilizzabilità dell’immagine posta, dal datore di lavoro, a fondamento del licenziamento sostenendo che “postare” una foto su Facebook equivale a renderla disponibile alla generalità degli utenti e, quindi, anche al proprio datore di lavoro; inoltre, nell’ordinanza viene ribadito il principio, oramai consolidato in dottrina e giurisprudenza, per cui “esistono condotte concernenti la vita privata del lavoratore che possono in concreto risultare idonee a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario che connota il rapporto di subordinazione, nel senso che mostrano di riflettersi sulla funzionalità del rapporto compromettendo le aspettative di un futuro affidabile adempimento dell’obbligazione lavorativa” (ex plurimis Cass. n.1519/1993).

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