La relazione conflittuale col padre giustifica l’affidamento esclusivo

Per la Cassazione la personalità del padre “autocentrata”, priva della capacità di ascolto e comprensione, può portare all’affidamento esclusivo del figlio preadolescente alla madre.

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Il caso nei primi due gradi di giudizio

Il ricorrente ha impugnato la decisione del tribunale, confermata in secondo grado, che aveva affidato in via esclusiva alla madre il figlio minore regolando i tempi di permanenza del minore col padre.

Secondo i motivi di ricorso la Corte d’Appello avrebbe affidato in via esclusiva il figlio alla madre “nonostante le valutazioni negative della personalità di quest’ultima effettuate dal medico del reparto di psichiatria infantile, competente per territorio, e confermate dal consulente tecnico di ufficio nominato in giudizio”.

La decisione di affidamento esclusivo avrebbe – secondo il ricorrente – “svuotato di contenuto il ruolo del padre” ledendo il “diritto alla bigenitorialità del figlio”, motivo che ha spinto il ricorrente ad appellarsi in Cassazione.

La sentenza della Cassazione

Nella sentenza 13454/2021 della Cassazione si legge che in base ai dati presentati durante il processo “i giudici del reclamo, dopo averne valutato la personalità, hanno concluso comunque per l’affidamento esclusivo alla madre, valorizzando la consapevolezza nella donna dei propri limiti e il suo impegno a trovare una concreta soluzione, a fronte di una apprezzata personalità del padre “auto centrata” priva della capacità di ascolto e comprensione, fondamentale per un buon genitore”.

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La relazione conflittuale col padre giustifica l’affidamento esclusivo

I giudici hanno ritenuto determinante la condotta del ricorrente rispetto alla relazione conflittuale con il minore preadolescente, motivo che li ha spinti a pronunciarsi sull’affido esclusivo alla madre e delle ridotte modalità di visita del genitore non collocatario.

Secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione “il diritto del minore alla bigenitorialità rappresenta il fine ultimo di ogni disciplina che, comunque ispirata al rispetto di una crescita equilibrata e armonica del figlio, può comportare del principio la concreta non applicazione là dove nella formale sua attuazione, alla condizioni date, esso risulti di impedimento alla realizzazione dell’indicato equilibrio”.

Ciò non esclude che nel corso del tempo si possa attuare il principio di bigenitorialità  tramite la costruzione di un rapporto con il genitore non affidatario attraverso un “percorso di recupero” sano per il figlio e per il suo riavvicinamento al padre.

Per i giudici della Cassazione il ricorso è per questi motivi da ritenersi inammissibile avendo la Corte di merito data corretta applicazione dei principi che sorreggono in caso.  

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