Maternità surrogata: pronuncia della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale è di recente intervenuta sul tema del riconoscimento in Italia di un provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di nascita di un minore procreato con la tecnica della c.d. “maternità surrogata” del c.d. “genitore d’intenzione”.

maternità surrogata

Il caso specifico

Nel 2015 in Canada è nato un bimbo da una donna nella quale era stato impiantato un embrione formato con i gameti di una donatrice anonima e di un uomo di nazionalità italiana, unito in matrimonio, in Canada, con atto poi trascritto in Italia nel registro delle Unioni Civili, con altro uomo, pure di cittadinanza italiana, con il quale aveva condiviso il progetto genitoriale.

Al momento della nascita del bambino, le autorità canadesi avevano formato un atto di nascita che indicava come genitore solo il padre biologico. Accogliendo il ricorso dei due uomini, però, la Corte Canadese aveva dichiarato che entrambi i ricorrenti dovevano essere considerati genitori del bambino e aveva disposto la ratifica dell’atto di nascita.

Giunti in Italia, i due uomini chiedevano all’ufficiale di Stato Civile di rettificare l’atto di nascita del bambino, sulla base del provvedimento della Corte Canadese. A fronte del rifiuto opposto dall’ufficiale dello Stato Civile, i due uomini avevo fatto ricorso alla Corte d’Appello di Venezia per ottenere il riconoscimento del provvedimento canadese in Italia ai sensi dell’art.67 della Legge n.218/1995.

La Corte d’Appello aveva accolto il ricorso, riconoscendo l’efficacia in Italia del provvedimento, ma l’Avvocatura dello Stato impugnava la pronuncia avanti alla Corte di Cassazione.

Nelle more del giudizio, in data 8.05.2019, le Sezioni Unite con sentenza n.12193, avevano pronunciato il seguente principio: non può essere riconosciuto nel nostro ordinamento un provvedimento straniero che riconosca il rapporto di genitorialità tra un bambino nato in seguito a maternità surrogata e il genitore d’intenzione. Secondo i Giudici, tale riconoscimento troverebbe, infatti, ostacolo insuperabile nel divieto di surrogazione di maternità previsto dall’art. 12, comma 6, della Legge n.40/2004, qualificabile come principio di ordine pubblico.

Tuttavia altra sezione della Corte di Cassazione, dubitando della compatibilità di tale principio di diritto con una pluralità di parametri costituzionali, decideva di rivolgersi alla Corte Costituzionale.

maternità surrogata genitori omosessuali

Cosa dice la Corte Costituzionale?

Secondo la Corte occorre fornire una risposta alla domanda “se il diritto vivente espresso dalle Sezioni Unite sia compatibile con i diritti del minore” e, in particolare, con il diritto “di un bambino accudito fin dalla nascita da una coppia che ha condiviso la decisione di farlo venire al mondo ad un riconoscimento anche giuridico dei legami che, nella realtà fattuale, già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia”.

L’ormai consolidata giurisprudenza della Corte EDU (Corte Europea dei diritti dell’uomo) afferma la necessità che i bambini nati mediante maternità surrogata, anche negli Stati parte che vietino il ricorso a tali pratiche, ottengano un riconoscimento giuridico del legame di filiazione con entrambi i componenti della coppia che ne ha voluto la nascita e che se ne sia poi presa concretamente cura.

L’interesse del minore non può dirsi soddisfatto dal riconoscimento del rapporto di filiazione con il solo genitore biologico. Ed infatti “laddove il minore viva e cresca nell’ambito di un nucleo composta da una coppia di due persone che non solo abbiano insieme condiviso e attuato il progetto del suo concepimento ma lo abbiano poi continuativamente accudito esercitando di fatto in maniera congiunta la responsabilità genitoriale è chiaro che egli avrà un preciso interesse al riconoscimento giuridico del proprio rapporto con entrambe e non solo con il genitore che abbia fornito i propri gameti ai fini della maternità surrogata”.

L’interesse del bambino, però, non può essere considerato automaticamente prevalente rispetto ad ogni altro controinteresse in gioco, ma dovrà essere bilanciato “con lo scopo legittimo perseguito dall’ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore”.

Secondo i Giudici, la Corte EDU già riconosce che gli Stati parte possano non consentire la trascrizione di atti di stato civile stranieri o di provvedimenti giudiziari che riconoscano sin dalla nascita del bambino lo status di padre o madre al “genitore di intenzione” e ciò proprio allo scopo di non fornire incentivi a una pratica procreativa che ciascuno Stato ben può considerare potenzialmente lesiva dei diritti e della stessa dignità delle donne che accettino di portare a termine la gravidanza per conto di terzi.

Per cui, non è illegittima la scelta di non trascrivere un provvedimento giudiziario straniero e, a fortiori, l’originario atto di nascita, che indichi quale genitore del bambino il “padre d’intenzione”. Occorre, però, che sia assicurata tutela all’interesse del minore al riconoscimento giuridico del suo rapporto con entrambi i componenti della coppia, che non solo ne abbiano voluto la nascita in un Paese straniero in conformità alla legge di quel Paese, ma che lo abbiano poi accudito esercitando di fatto la responsabilità genitoriale.

La Corte – quindi – legittima la scelta di non dare automatico riconoscimento ai rapporti di filiazione nei confronti del genitore di intenzione, prediligendo il ricorso all’adozione in casi particolari, nonostante non attribuisca la genitorialità all’adottante.

studio legale zambonin

Per una consulenza legale: info@iltuolegale.it – 02 94088188

Non si effettua consulenza legale gratuita.

È assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore. In caso di citazione è necessario riportare la fonte del materiale citato.