Nuovo regime di tutela per i licenziamenti illegittimi

Il 7 Marzo 2015 è entrato in vigore il D.Lgs n.23 del 4 Marzo 2015 recante le disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, attuazione della L.n.183/2014.

Le norme previste nel citato decreto  si applicano ai lavoratori “che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti, dopo la data di entrata in vigore del decreto, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”. Il nuovo regime trova applicazione anche nei casi di “conversione di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato” nonché nei confronti dei lavoratori che, benché assunti a tempo indeterminato prima dell’entrata in vigore del presente decreto, prestino la propria attività presso un datore di lavoro, che dopo il 7 marzo 2015, attraverso successive assunzioni a tempo indeterminato, superi i 15 dipendenti. Ed infatti, il comma 3 dell’art.1 del D.Lgs n.23/2015, rende applicabili le tutele crescenti non solo ai lavoratori assunti alla data di entrata in vigore del presente decreto ma anche a quelli che erano già in forza a tale data.

Vediamo, però, nel dettaglio il nuovo regime di tutela per i licenziamenti illegittimi.

In caso di licenziamento discriminatorio, di licenziamento intimato durante i periodi di tutela (primo anno di matrimonio, durante la maternità e fino al compimento di un anno di età del bambino, per fruizione dei congedi parentali), di licenziamento per motivo illecito ex art. 1345 c.c. ovvero di licenziamento intimato in forma orale (art.2) il datore di lavoro sarà condannato alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro oltre al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione dedotto quanto percepito nel periodo di estromissione per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.  Il datore di lavoro, inoltre, sarà condannato, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.

Fermo restando il diritto al risarcimento del danno di cui sopra, il lavoratore ha facoltà di richiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, una indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, non soggetta a contribuzione previdenziale.

Negli altri casi di licenziamento, ove non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo o giusta causa (art.3), il datore di lavoro sarà condannato “al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 2 mensilità dall’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità”. “Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore […]” il datore di lavoro sarà condannato alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altra attività lavorative nonché quello che avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. In ogni caso, la misura dell’indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente la pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR. Il datore di lavoro, inoltre, sarà condannato, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva. Anche in questo caso il lavoratore ha facoltà di richiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, una indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, non soggetta a contribuzione previdenziale.

In caso di licenziamento intimato in violazione dei requisiti formali e procedurali (art.4), il datore di lavoro sarà condannato al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità, salvo che su domanda del lavoratore il giudice non accerti la sussistenza dei presupposti per le tutele previste per il licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale o per il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.

Si ricorda che ai rapporti di lavoro già in essere alla data di entrata in vigore decreto attuativo continuerà ad essere applicata la disciplina prevista dalla Riforma Fornero.  

Per una consulenza legale: info@iltuolegale.it – 02 94088188

Non si effettua consulenza legale gratuita.

E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore.
In caso di citazione è necessario riportare la fonte del materiale citato.

avvocato del lavoro