Lo stato di malattia del lavoratore e la possibilità di svolgere attività lavorative ulteriori

Il lavoratore dipendente nel momento in cui abbia problemi di salute ha diritto di beneficiare della cosiddetta “malattia”, ovvero di un periodo di riposo, certificato dal medico curante o dal medico specialista, la cui durata è parametrata ai necessari tempi di recupero dettati dal tipo di malessere. Il periodo in cui il lavoratore è assente dal lavoro a causa di una malattia è retribuito nella misura e per il tempo determinati dalla legge o dalla contrattazione collettiva e, a seconda dei casi, tale retribuzione graverà sul datore di lavoro o sarà a carico dell’INPS. Ulteriormente, durante il periodo di malattia, fino ad un massimo di 180 giorni all’anno di assenza, viene garantita al lavoratore la conservazione del posto di lavoro, vigendo, dunque, il divieto di licenziamento.

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Lo scopo del periodo di malattia

Lo scopo del periodo di malattia è quello di permettere al lavoratore il recupero e la guarigione in vista del suo rientro sul posto di lavoro; infatti, il lavoratore deve evitare comportamenti che possano ritardare o compromettere la guarigione.

Svolgimento di ulteriori attività lavorative durante la malattia

È anche vero, però, che lo stato di malattia del lavoratore si sostanzia in una concreta, attuale e transitoria incapacità all’attività lavorativa normalmente svolta. Questo, quindi, implica che ulteriori e differenti attività, per lo svolgimento delle quali le residue capacità psico-fisiche siano sufficienti, possano essere svolte dal lavoratore.

Quindi, “stato di malattia” non significa di per sé astensione da qualsiasi attività lavorativa. È la Corte di Cassazione a statuire, infatti, che non sussiste nell’ordinamento un divieto assoluto per il dipendente di prestare altra attività, anche a favore di terzi, in costanza di assenza per malattia e che ciò non costituisce, di per sé, inadempimento degli obblighi imposti al prestatore d’opera.

Condizioni e limiti per le attività lavorative durante l’assenza per malattia

Chiaramente, il compimento di altre attività da parte del dipendente assente per malattia se non è di per sé causa di licenziamento può diventarlo se si sostanzia nella violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifichi obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oppure nell’ipotesi in cui la diversa attività svolta sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza dell’infermità addotta a giustificazione dell’assenza, sia quando l’attività stessa, valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell’ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore.

Situazioni in cui il licenziamento per malattia può essere giustificato:

  1. Violazione dei doveri di correttezza e buona fede: Se il dipendente assente per malattia svolge altre attività che violano i suoi doveri generici di correttezza e buona fede o gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, il datore di lavoro può licenziarlo.
  2. Inesistenza dell’infermità: Se il dipendente svolge altre attività che, per loro natura, fanno presumere che la malattia addotta per giustificare l’assenza sia falsa, il datore di lavoro può licenziarlo.
  3. Pregiudizio alla guarigione: Se il dipendente svolge altre attività che, per loro natura o in relazione alla malattia e alle mansioni svolte, possono pregiudicare o ritardare la sua guarigione e il rientro al lavoro, il datore di lavoro può licenziarlo.

In conclusione, al lavoratore in malattia non potrà essere attribuito “l’utilizzo improprio del periodo di malattia”, laddove l’attività accertativa del datore di lavoro, validamente posta in essere anche a mezzo di agenzie investigative private, non abbia avuto quale risultato una delle tre risultanze indicate.

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