La tutela del debitore nel credito al consumo in caso di inadempimento da parte del venditore

È statisticamente provato come, al giorno d’’oggi, in tempo di crisi, sia sempre più frequente il ricorso al credito al consumo che consente di acquistare autoveicoli ma anche elettrodomestici ed altri beni di svariata natura, rateizzando il pagamento del prezzo dovuto.
Tale tipo di contratto prevede, in forza di una convenzione stipulata in precedenza tra venditore e società finanziaria, l’erogazione dell’intera somma a chi vende il bene e la contemporanea assunzione della posizione di creditore nei confronti del consumatore, il quale si obbliga a rimborsare al soggetto finanziatore e nel rispetto delle scadenze pattuite, la somma capitale maggiorata degli interessi.
Se le cose vanno tutte per il meglio, tale “meccanismo” si traduce in una grande comodità per l’acquirente il quale riesce ad acquistare beni che, se obbligatoriamente pagati in un’unica soluzione, potevano rivelarsi irraggiungibili ed allo stesso modo per il venditore che ottiene così un incentivo alle vendite.
La situazione si incaglia quando nascono dei problemi nel rapporto tra venditore ed acquirente ed in particolare in caso di inadempimento del venditore – il cui caso più eclatante consiste nella mancata consegna del bene.
È utile chiedersi, cosa succede in quest’ipotesi e se il consumatore, che nel frattempo si vede sollecitato dalla società finanziaria e richiamato al rispetto delle obbligazioni precedentemente assunte, può rendere opponibili a quest’ultima le eccezioni che si riferiscono al rapporto venditore-acquirente.
Nel corso del tempo si sono succedute diverse decisioni della giurisprudenza che hanno come elemento comune la ricerca della natura più o meno evidente del collegamento tra i due contratti (vendita e mutuo) facendo sì che in caso di sussistenza di tale legame, gli effetti della risoluzione del contratto “principale” di vendita finiscano per travolgere anche il rapporto di finanziamento.
Pertanto sia in caso di risoluzione che in caso di mancata consegna del bene, di fronte alla naturale sospensione dei pagamenti delle rate da parte del consumatore, la società di finanziamento sarà legittimata a chiedere la restituzione della somma mutuata nei riguardi del venditore, mediante richiesta di storno della pratica.
A fronte di tali orientamenti va osservato come in materia di credito al consumo una direttiva europea (87/102/CEE) recepita dal Codice del Consumo – art. 42 – afferma che in caso di inadempimento del fornitore di beni e servizi, “il consumatore che abbia effettuato inutilmente la costituzione in mora ha diritto ad agire contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione che vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l’esclusiva per la concessione del credito al fornitore
Dove quest’ultimo presupposto va inteso nel senso che, in forza di tale patto, qualsiasi cliente del fornitore di beni e di servizi che intenda usufruire del beneficio del pagamento a rate del prezzo, debba avanzare richiesta di finanziamento nei confronti di un solo ed unico soggetto, titolare appunto dell’esclusiva.
In sostanza la possibilità per il consumatore di “aggredire” direttamente la società finanziaria, in caso di inadempimento del venditore, così da paralizzare la sua pretesa al pagamento, risulta di natura sussidiaria, ossia subordinata ad una preventiva ed infruttuosa messa in mora elevata nei confronti del venditore ed alla quanto mai non agevole prova da parte del consumatore di un accordo di esclusiva tra finanziatore e fornitore.
Va sottolineato come tale ultimo presupposto per l’azione nei confronti della società finanziaria sia da considerarsi ormai superato per effetto di un’intervenuta pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità Europee – del 23-04-2009 causa C-509/07 (su domanda pregiudiziale ex. art. 234 Trattato CE devoluta dal Tribunale di Bergamo) che consente al debitore (acquirente) di agire nei confronti del creditore (finanziaria) in caso di inadempimento di obbligazioni in capo al fornitore (nella specie mancata consegna dell’autoveicolo acquistato mediante operazione di credito al consumo) indipendentemente dall’esistenza di un accordo che attribuisce al creditore finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore.
In conclusione, occorre sottolineare come a soluzioni alquanto variegate prospettate in caso di risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, vi sia invece una disciplina piuttosto chiara da applicarsi nel caso di recesso, operato dal consumatore, del contratto di vendita al quale sia stato nel frattempo accesa una pratica di credito al consumo.
In tali casi infatti, secondo il disposto dell’art. 67 comma 6° del Codice del Consumo, il recesso validamente esercitato rende risolto, senza spese ed ulteriori penalità per il consumatore, in una sorta di effetto “a cascata” anche il contratto di credito.
E pertanto, sarà il professionista tenuto a comunicare all’istituto di credito l’intervenuto recesso ed a rimborsare a quest’ultima le somme nel frattempo eventualmente percepite per il contratto in questione.

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