Licenziamento collettivo: come viene effettuata la selezione?

Ci sono dei criteri precisi per determinare le graduatorie del licenziamento collettivo affinché esso sia legittimo.

La selezione viene effettuata unilateralmente dal datore di lavoro.

La scelta non è libera, ma deve rispettare, a pena di invalidità del licenziamento e con onere della prova sul datore di lavoro, i criteri previsti dai contratti collettivi o, in mancanza, quelli sanciti dalla Legge.

I criteri di scelta, in concorso tra loro sono:

  • carichi di famiglia;
  • anzianità;
  • esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

Proprio sul criterio dei “carichi di famiglia” è di recente intervenuta la Corte di Cassazione (sentenza n.10996/2021).

Licenziamento collettivo: la Cassazione dà ragione al lavoratore

Il lavoratore impugnava il licenziamento intimato.

Sia il Tribunale che la Corte d’appello ritenevano il licenziamento illegittimo, in quanto la società non aveva adeguatamente interpretato il criterio di selezione rappresentato dai carichi di famiglia.

Il datore di lavoro ricorreva in Cassazione.

Secondo i Giudici, scopo del criterio dei carichi di famiglia è quello di individuare i lavoratori meno deboli socialmente, ossia di “avere riguardo alla situazione economica effettiva dei singoli lavoratori che non può limitarsi alla semplice verifica del numero delle persone a carico da un punto di vista fiscale”.

Dalla necessità di tutelare maggiormente i lavoratori più onerati deriva che il riferimento ai carichi di famiglia debba essere individuato in relazione al fabbisogno economico determinato dalla situazione familiare e, quindi, dalle persone effettivamente a carico.

Si deve, quindi, far riferimento ad una situazione elastica dei carichi di famiglia non limitata al profilo fiscale e da applicare mediante lo scrutinio, da parte datoriale, di tutti gli elementi utili a definire, in senso sostanziale, gli oneri economici derivanti dal mantenimento di un familiare e gravanti sul singolo lavoratore.

Nel caso di cui si è occupata la Corte, il datore di lavoro non aveva considerato che il lavoratore licenziato, separato consensualmente, era tenuto a corrispondere un assegno per il mantenimento della figlia minore.

Il datore di lavoro – a parere dei Giudici – non aveva quindi assolto al proprio onere di valutare tutte le situazioni di fatto rilevanti ai fine di predisporre una corretta graduatoria dei licenziandi.

In conclusione: il licenziamento intimato doveva dichiararsi illegittimo.

studio legale zambonin

Per una consulenza legale: info@iltuolegale.it – 02 94088188

Non si effettua consulenza legale gratuita.

È assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del testo presente in questo articolo senza il consenso dell’autore. In caso di citazione è necessario riportare la fonte del materiale citato.