Risarcimento del danno per la casalinga

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 20324 del 20-10-2005 ha affermato, ribadendolo (sul tema si sono già espresse Cass. 4657/2005 e Cass. 15580/2000), il principio secondo il quale anche chi svolge un’attività domestica – ancorché gratuitamente – ha il diritto ad ottenere, in caso di lesioni, il risarcimento dei danni patrimoniali, cumulativamente al risarcimento dei danni biologici e morali.
Afferma infatti la Corte che “Chi svolge attività domestica (attività tradizionalmente attribuita alla “casalinga”), benché non percepisca reddito monetizzato, svolge tuttavia un’attività suscettibile di valutazione economica; sicché quello subito in conseguenza della riduzione della propria capacità lavorativa, se provato, va legittimamente inquadrato nella categoria del danno patrimoniale (come tale risarcibile autonomamente rispetto al danno biologico, nelle componenti del danno emergente ed, eventualmente, anche del lucro cessante)”.
Con tale sentenza la Corte ha confermato il diritto di una casalinga – gravemente lesionata in seguito ad un incidente stradale – ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale dovuto all’impossibilità di svolgere le mansioni domestiche di cui si occupava in precedenza.
Prosegue la Corte stabilendo che “Il fondamento di tale diritto – che compete a chi svolge lavori domestici sia nell’ambito del nucleo familiare (legittimo o basato su una stabile convivenza), sia soltanto in favore di se stesso – è difatti pur sempre di natura costituzionale ma, a differenza del danno biologico che si fonda sul principio della tutela della salute (art. 32 Cost.), riposa sui principi di cui agli artt. 4, 36 e 37 della Costituzione (che tutelano, rispettivamente, la scelta di qualsiasi forma di lavoro ed i diritti del lavoratore e della donna lavoratrice)”.
In tal senso, pertanto, il lavoro domestico – seppure prestato all’interno del nucleo familiare gratuitamente o per sé stesso – essendo suscettibile di una valutazione economica, da diritto alla liquidazione di un danno ulteriore rispetto a quello biologico e morale generalmente riconosciuto.
Tale danno, essendo privo del requisito della patrimonialità, dovrà essere liquidato dal Giudice in via equitativa, “fermo restando il dovere del Giudice di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e dell’iter logico che lo ha condotto a quel determinato risultato” (Cass. n. 20324/2005).

Articolo pubblicato su QN-Economia – Il Giorno, La Nazione, Il Resto del Carlino

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